Metà della popolazione mondiale rischia di essere obesa entro il 2035. Non fanno eccezione gli italiani dove l’obesità e in crescita ed aumentano anche le malattie e il rischio di scompenso cardiaco.
In aumento obesità e scompenso cardiaco tra gli italiani
Cresce l’obesità ma anche le malattie cardiovascolari nel mondo e in Italia. Almeno 400mila italiani soffrono delle due patologie: nel nostro Paese gli obesi sono circa 6 milioni mentre i pazienti con insufficienza cardiaca oltre 1 milione. L’aumento di peso è spesso il primo passo per lo scompenso. La combinazione obesità-scompenso comporta importanti rischi per la salute perché può aumentare fino all’85% il rischio di infarto e “portare via” fino a sei anni di vita. Secondo gli esperti l’aspettativa di vita e quella di salute dei pazienti obesi sono più basse rispetto a chi è normopeso. Inoltre l’indicatore più adeguato dell’obesità è il metro: il girovita deve essere meno di 88 cm nelle donne e 102 cm negli uomini e nel conto l’altezza dei singoli svolge un ruolo fondamentale.
Le nuove terapie e la prevenzione
Il 2023 è stato un anno di svolta per le terapie. Si possono trattare i pazienti che soffrono di scompenso cardiaco con un farmaco specifico, semaglutide, migliorando sintomi e la funzionalità e portando ad una riduzione del peso. Resta il fatto che l’insufficienza cardiaca oggi colpisce oltre un milione di italiani e c’è il rischio che i casi aumentino del 30% dei casi entro il 2030, come osservato dal presidente del SIC Pasquale Perrone Filardi:
“L’aumento dei casi è trainato in parte dall’incremento dell’aspettativa di vita, perché la prevalenza della patologia raddoppia a ogni decade di età e dopo gli 80 anni lo scompenso colpisce il 20% della popolazione. Tuttavia l’insufficienza cardiaca ha anche l’obesità fra le sue cause principali perché i chili in eccesso comportano, fra le altre cose, un incremento dell’infiammazione generale, un maggiore stress su metabolismo e sistema cardiovascolare e un aumento del grasso viscerale anche a livello cardiaco”
Ciro Indolfi, past-president della Società Italiana di Cardiologia e ordinario di cardiologia all’Università degli Studi “Magna Grecia” di Catanzaro aggiunge che proprio il grasso viscerale e addominale è quello più pericoloso e che dovrebbe essere realmente misurato:
“La semplice valutazione dell’indice di massa corporea e quindi del rapporto fra peso e altezza non basta. È necessario valutare la distribuzione del grasso e non soltanto l’indice di massa corporea così ogni possibile vantaggio di sopravvivenza per gli obesi sparisce”
L’obesità certamente non fa bene al cuore. La probabilità di avere un infarto, un ictus o un evento cardiovascolare fatale aumenta dal 67 all’85% rispetto a chi è normopeso.