Cosa sta succedendo fra Venezuela e Guyana per quanto riguarda la sovranità dell’Esequibo? A far chiarezza sulla questione è Loris Zanatta, docente di Storia e Istituzioni dell’America Latina all’Università di Bologna.

Venezuela-Guyana, giorni di tensioni per l’Esequibo

Partita ancora aperta fra Venezuela e Guyana sull’Esequibo, la regione ricca di materie prime contesa fra i due Paesi. La questione è finita anche all’ONU, che ha inviato anche i propri osservatori al vertice previsto oggi fra Caracas e Georgetown. E il segretario Generale dell’Organizzazione Antonio Guterres ha preso una posizione in merito, chiedendo di risolvere queste divergenze con mezzi pacifici e nel rispetto della Carta Onu. Il confronto fra le parti però avverrà anche grazie alla mediazione della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi.

Il Venezuela si è sempre disinteressato dell’Esequibo

La redazione di Tag24.it ha voluto approfondire chiedendo un’intervista a Loris Zanatta, docente presso l’Università di Bologna e fra i massimi esperti di America Latina in Italia.

D. Professore, ci spiega meglio cos’è l’Esequibo e perché il Venezuela ha deciso di rivendicarlo?

R. “Un po’ tutti i confini latino-americani all’epoca delle indipendenze erano mal definiti. Conteziosi territoriali ve ne sono ovunque in America Latina. L’Esequibo è una vastissima area poco popolata e selvatica. Parliamo di una zona molto vasta ma sostanzialmente è una giungla tropicale che divide Venezuela e Guyana. Il Venezuela rivendica questa zona ma di fatto si è sempre disinteressato al riguardo”.

Il regime di Chavez non aveva ambizioni sull’Esequibo

D. Ai tempi di Hugo Chavez la questione era così popolare?

R. “È un’antica rivendicazione nazionalista, difesa nella storia un po’ da tutte le forze politiche e sociali. Nonostante ciò la questione non è mai stata al centro del dibattito, fin da prima del regime chavista. Fu lo stesso Chavez a sterilizzarla e non chiamarla in causa. Il Venezuela era ricco e potente e lo stesso capo del governo venezuelano aveva delle aspirazioni egemoniche in America Latina. Sulla base di tutto ciò era l’esecutivo chavista era interessato a mantenere buoni rapporti con la Guyana”.

La mossa di Maduro

D. Maduro potrebbe utilizzare questa mossa per distogliere l’attenzione dai problemi interni?

R. “Maduro utilizza la questione con fini strumentali, tutto questo mi sembra evidente. Il governo venezuelano già da molto tempo non è democratico. Non ci assomiglia nemmeno remotamente. Essendo soggetto a forti pressioni internazionali e avendo mantenuto una parvenza democratica, in Venezuela nel 2024 dovrebbero tenersi le elezioni. Che un governo di questo genere esca sconfitto dalle urne lo credono in pochi. Io ad esempio non ci credo. Conosco troppo bene questo tipo di regimi politici per pensare che le elezioni rispettino tutti i criteri democratici. Maduro ovviamente si trova in una situazione imbarazzante”.

La paura di elezioni libere e lo spettro della Machado

D. Maduro quindi ha timore di andare alle elezioni oggi?

R. “Questo governo ha espulso sette milioni di persone su un totale di 28 milioni di abitanti. Maduro sa benissimo che sa va a libere elezioni perde e viene umiliato. L’umiliazione poi porterebbe all’apertura di processi, visto che c’è stata tanta corruzione oltre che numerose violazioni dei diritti umani. In questo momento se si tenessero libere elezioni non ci sarebbe proprio partita contro Maria Corina Machado. La carta nazionalista è quindi analoga a quella utilizzata dagli argentini. Quello che sta succedendo ricorda quasi in forma comica e grottesca ciò che fece l’Argentina negli anni Ottanta con le Malvinas. Galtieri sapeva che nel 1982 la popolarità del suo regime militare fosse ai minimi termini. Per questo motivo invocò un vecchio mito, straordinariamente diffuso nel Paese, per cercare di risollevarsi”.

Si può arrivare ad una guerra? Gli scenari

D. Pensa che si possa arrivare davvero ad un conflitto armato fra Venezuela e Guyana?

R. “Non se Maduro voglia effettivamente cominciare una guerra, io spero proprio di no. Ma in caso contrario non mi sorprenderei. Il suo intento è quello di generare un moto nazionalista nel paese, ampliando il sostegno al governo in questa causa. Inoltre in caso di conflitto bellico potrebbe indire una legge marziale o uno stato d’eccezione che gli consentirebbe di sospendere le elezioni. Lui non le vuole fare assolutamente. Se le farà cercherà di truffare, visto che si parla già dell’intenzione di mettere fuori legge la Machado”.

La risposta dei venezuelani

D. I venezuelani che ne pensano secondo lei?

R. “L’informazione di cui godono i venezuelani è in gran parte propagandistica, con un vero e proprio bombardamento. Nonostante ciò la popolazione si è espressa abbastanza chiaramente. Le elezioni primarie dell’opposizione hanno avuto un successo straordinario, con una partecipazione enorme. Il regime inoltre ha diffuso dei dati sul recente referendum sull’Esequibo ma si tratta di numeri inverosimili. Si è parlato di dieci milioni di elettori ma i seggi erano deserti. Le stime più attendibili sottolineano come ci siano due milioni di voti e questo è sicuramente un fallimento. La gente non ne può più”.

Una fine politica per Maduro?

D. Nel caso in cui la situazione sfuggisse di mano, potremmo assistere alla fine politica di Maduro?

R. “Non sappiamo come avverrà la fine politica di Maduro. Ad esempio in caso di guerra e sospensione delle elezioni lui rimarrebbe al proprio posto. Tutto ciò grazie al supporto dei militari, che occupano tutti i gangli del potere. Ci sono anche le alleanze esterne, stipulate da tempo con i Paesi antiliberali. Fra questi ci sono la Russia e la Cina, il principale finanziatore di Caracas. È presto per parlare di una possibile fine politica di Maduro. Quando un capo di governo ha tutti i poteri come si fa a rovesciarlo?”.

Il ruolo del Brasile di Lula

D. Qual è la posizione del Brasile a riguardo?

R. “Questo è uno dei temi più complessi. Il Brasile ha un’aspirazione a leader regionale, che si manifesta e svolge correttamente la propria funzione se evita i conflitti fra i Paesi. Una guerra fra Venezuela e Guyana sarebbe un po’ una dimostrazione d’impotenza per il governo brasiliano. Al tempo stesso il Lula di oggi non è quello di vent’anni fa. All’epoca stava molto più attento a tutelare il diritto internazionale e non confondersi con i regimi autoritari. Oggi potremmo dire che Lula ha spostato il Brasile in un’asse anti-occidentale, il che è una novità di grande rilevanza. Storicamente questo Paese è stato sempre ancorato all’Occidente ma l’attuale governo sembra scommettere su un Mondo post o anti-liberale. Da ciò deriva l’alleanza con il Venezuela, un fatto che ha sorpreso e indignato tantissimi. Lula si trova in una situazione imbarazzante. Da un lato deve cercare di evitare il conflitto ma allo stesso è interessato alla permanenza di Maduro. Il Brasile sa benissimo che se dovesse vincere la Machado il Venezuela passa sul fronte opposto”.

L’ingresso di Milei e le nuove intenzioni dell’Argentina

D. E quella dell’Argentina? L’elezione di Javier Milei come potrebbe influenzare la questione?

R. “Se c’è una figura simile a Milei in America Latina è Maria Corina Machado. Se in Argentina e Venezuela ci fossero stati dei regimi social-democratici normali non avremmo queste figure iper-liberiste oggi. Ciò che viene fuori sono dei nuovi processi radicali. Milei è stato molto chiaro sulla sua politica estera. L’Argentina vuole riprendere il cammino che aveva ai tempi di Menem, alleandosi con l’Occidente. È chiaro che adesso il governo di Buenos Aires punti sulla democratizzazione del Venezuela. Il peso politico dell’Argentino però è molto diminuito in America Latina”.