Secondo il rapporto di Openpolis, sono circa 1 su 4, le abitazioni non permanentemente occupate.
In Italia il 27% delle case non è permanentemente occupato
Il rapporto di Openpolis, evidenzia una costante tendenza al declino demografico nei comuni montani e delle aree periferiche al di fuori dei centri urbani. La fondazione ha analizzato i dati forniti dall’Istat. Il termine “abitazioni non occupate” si riferisce alle case che sono vuote o occupate esclusivamente da persone che non vi dimorano abitualmente.
Nel 2021, 9,6milioni di abitazioni risultavano non occupate permanentemente. In quell’anno, erano registate in tutta l’Italia 35,3 milioni di case. Secondo questi numeri, le case non occupate rappresentano il 27,2 per cento del totale delle abitazioni.
Le abitazioni non permanentemente occupate: i numeri
I numeri cambiano drasticamente tra le regioni. Nelle regioni del Nord-Est (23,1 per cento), Nord-Ovest (26 per cento) e Centro (22,3 per cento) incidenza è minore. Nelle regioni del Sud (32 per cento) e nelle Isole (34,9 per cento), invece, la quota di abitazioni non occupate è maggiore.
La Valle d’Aosta risulta essere la regione con la percentuale più alta di abitazioni non occupate permanentemente, pari al 56 per cento. La Valle d’Aosta è seguita da tre regioni del Mezzogiorno, ovvero Molise (44,6 per cento), Calabria (42,2 per cento) e Abruzzo (38,7 per cento).
L’incidenza è minore nelle regioni dell’Emilia-Romagna (21,8 per cento), Lombardia (21,2 per cento) e Lazio (19,5 per cento).
Tra le prime dieci province per percentuale di abitazioni non occupate, quattro superano il 50 per cento: Sondrio (56,1 per cento), Aosta (56 per cento), L’Aquila (53,2 per cento) e Imperia (50,7 per cento). La tendenza è opposta a Milano (12,4 per cento), Cagliari (11 per cento) e Prato (7,8 per cento).
Le abitazioni occupate sono maggiori nei comuni centrali
La percentuale di abitazioni non occupate aumenta in modo più consistente per maggiori distanze dai centri: 56,3 per cento nei comuni ultraperiferici, 37 per cento nei comuni intermedi e 16, 9 per cento nei comuni centrali.