Il sequestro giudiziario dei beni di Silvio Berlusconi, richiesto da Marco Di Nunzio in virtù di un presunto “testamento colombiano”, è stato respinto dal Tribunale di Milano. Lo hanno riferito i legali della famiglia del Cavaliere e di Finivest. Di Nunzio è stato condannato anche al pagamento delle spese legali.
Il Tribunale di Milano respinge il ricorso dell’imprenditore Di Nunzio: “Solidi e convergenti indizi di falsificazione”
Vincenzo Mariconda, Andrea Di Porto, Giorgio Perroni e Manuela Piazza, legali della famiglia dell’ex presidente del Consiglio e della Fininvest, hanno diffuso una nota in merito alla vicenda.
Hanno infatti comunicato che Marco Di Nunzio– imprenditore 51enne originario del Piemonte, ma residente in Colombia da diversi anni- aveva diffuso, depositato e anche provato a far valere tre diverse versioni del testamento. Sul quale oggi si è pronunciato il tribunale di Milano, che ha evidenziato nel provvedimento depositato
solidi e convergenti indizi in ordine alla effettiva falsificazione di tutte e tre le versioni della scheda testamentaria datata 21/09/2021 consegnata da Di Nunzio e da questi attribuita a Silvio Berlusconi.
Cos’è il “testamento colombiano”
Secondo quanto dichiarato da Di Nunzio, Silvio Berlusconi- scomparso lo scorso 12 giugno e al quale era legato da un rapporto di amicizia- aveva deciso di lasciare a lui alcuni dei suoi beni. Ossia
- il 2% delle azioni di Fininvest, per un valore di 26 milioni di euro;
- le azioni delle società proprietarie delle ville ad Antigua nelle Antille;
- la nave Principessa Vai Vai Bandiera Monaco Yacht e altre imbarcazioni, navi e natanti.
Un lascito contenuto in un presunto testamento definito, appunto, “colombiano” che il Cavaliere avrebbe firmato in Colombia il 21 settembre 2021, per poi essere successivamente depositato presso un notaio a Napoli.
Dopo la diffida inviata agli eredi dall’avvocato Erich Grimaldi per conto di Di Nunzio, la vicenda era finita in Tribunale: lo scorso 2 novembre erano stati acquisiti gli atti dal notaio napoletano. Di Nunzio è stato anche condannato a pagare 23mila euro di spese legali.