Le comunicazioni al Senato di Giorgia Meloni in vista del Consiglio Europeo di domani a Bruxelles raccolgono le reazioni molto dure dell’opposizione. Tra i temi su cui si scagliano le critiche più forti ci sono le incoerenze del governo sul patto di stabilità e sul Mes.

Meloni al Senato, le reazioni, Misiani (Pd): “Tanti attacchi ma poca chiarezza”

Se abbia o meno seminato il proverbiale vento, non spetta a chi scrive stabilirlo. Di certo, le comunicazioni al Senato della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in previsione del Consiglio Europeo che inizia domani a Bruxelles, hanno raccolto tempesta.

Questo è ciò che emerge dalle dichiarazioni raccolte fuori dai palazzi della politica da parte degli esponenti dell’opposizione, tutti unanimi nel criticare la linea politica del governo, in particolar modo sul Mes (il Meccanismo Europeo di Stabilità) e sul Patto di stabilità, dove in gioco c’è la credibilità del Paese, oltre che dell’esecutivo.

A partire da Antonio Misiani, responsabile Economia e Finanze, Imprese e Infrastrutture del Partito Democratico, che sceglie proprio il Mes come leva su cui spingere per mettere in evidenza le contraddizioni dell’esecutivo, che appare diviso sulla decisione di ratificarlo o meno.

“Sul Mes il governo ci aveva raccontato che serviva come arma di pressione per regole più favorevoli nel nuovo Patto di stabilità. La realtà è ben diversa perché si va verso un ritorno dell’austerità, con una posizione dell’Italia indebolita dai ritardi e dai rinvii proprio sul trattato Mes, che è stato ratificato da 26 paesi su 27, manca solo il nostro. Verrà ratificato, e la Meloni e Salvini dovranno rimangiarsi anche su questo terreno le loro promesse elettorali. Ce ne faremo una ragione, l’importante è che questa pantomima finisca il prima possibile”.

Oltre ai contenuti, il senatore dem contesta anche la forma del discorso in Aula della Meloni, più impegnata ad attaccare le opposizioni che a presentare una linea politica chiara in Europa.

“La presidente del Consiglio, quando è in difficoltà, preferisce attaccare l’opposizione. Abbiamo visto tanti attacchi all’opposizione e anche ai suoi predecessori, compreso Mario Draghi, nonostante le smentite, ma molta poca chiarezza sulla strategia che il governo italiano intende seguire in Europa”.

Magi (+Europa): “Debolezza e spaccature nel governo”

Anche per Riccardo Magi di +Europa la maggioranza si mostra tutt’altro che compatta. Lo dimostra il ricorso continuo alle mozioni di fiducia da parte del governo – otto solo nell’ultimo mese – indice inequivocabile, secondo Magi di debolezza.

Le spaccature sono evidenti al punto che il segretario di +Europa le riscontra su quasi tutti i nodi più importanti della politica dell’esecutivo, dal sopracitato Mes alla legge di bilancio.

“Quasi non sembra ci sia una maggioranza. Sul Mes, ad esempio, con Forza Italia che continua a dire che per loro si può ratificare ma poi, di fatto, la ratifica non avviene. O sul superbonus, dove non dovevano esserci emendamenti della maggioranza e invece sono arrivati una serie di emendamenti. Avevano detto che la discussione per la legge di bilancio sarebbe finita addirittura prima di sempre, e invece si farà più tardi di sempre, finendo a ridosso di Capodanno. Io credo che tutto questo abbia un senso sulla credibilità del governo”.

Meloni e Draghi, Borghi (Iv) la attacca: “Caduta di stile”

A proposito della ‘forma’ cui richiamava Misiani, si è parlato molto del fax firmato da Luigi Di Maio per autorizzare il Mes, ‘sventolato’ in Aula dalla presidente del Consiglio.

Ancora di più hanno fatto discutere le sue affermazioni sul predecessore Mario Draghi (“Per alcuni la politica estera è farsi una foto con Francia e Germania quando non si portava a casa niente. L’Europa non è a tre ma a 27, bisogna parlare con tutti: io parlo con Germania, Francia e pure con l’Ungheria, questo è fare bene il mio mestiere“).

Enrico Borghi di Italia Viva definisce l’uscita della premier “una caduta di stile“, indice di un suo nervosismo per il posizionamento in Europa.

“Giorgia Meloni deve sciogliere un equivoco di fondo, cioè se il suo gruppo, quello dei conservatori, ritiene di stare nel ‘pacchetto di mischia’ che abbiamo visto a Firenze, o se collaborare con la famiglie europee“.

Infine, il ‘gettonatissimo’ Mes ritorna anche nelle parole del senatore di Italia Viva, che definisce surreale” la discussione sul cosiddetto ‘fondo salva Stati’.

“La questione Mes penso sia stata portata in maniera sbagliata dal governo, ponendola come negoziato sulla riforma del Patto di stabilità che dovrebbe, invece, concentrarsi in merito sulle questioni. Ricordiamo che il Mes è stato introdotto in Italia dal governo Berlusconi di cui Giorgia Meloni faceva parte. Ora però si esprima il Parlamento: chi è contro, voti contro e chi è a favore, voti a favore, ma usciamo da questa situazione anche piuttosto stucchevole”.

Parola agli alleati, Tajani (Fi) e Malan (FdI) sulla manovra: “Resteremo nei tempi”

A dispetto delle accuse di spaccature interne, gli alleati fanno quadrato intorno alla presidente del Consiglio, proprio su uno dei temi più discussi: la manovra di bilancio.

Il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani chiarisce che “prima si fa, meglio è, l’importante è arrivare in tempi utili“. Poi, sul nodo del ‘Superbonus’, spiega la posizione di Forza Italia.

“È stato gestito malissimo, troppe truffe, e questo ha provocato danni alle casse dello Stato. Noi, però, ci auguriamo che una proroga breve possa essere inserita nel Milleproroghe. Non per tutti, ma per quelle persone oneste che hanno condotto i lavori, a cui servirebbe per arrivare a conclusione”.

Il suo collega di maggioranza, Lucio Malan, concorda sul rispetto dei tempi per la manovra finanziaria, arrivando a promettere che “sono tutti pronti a lavorare intensamente, anche nei weekend“.

Più distante il suo parere sull’eventuale proroga al ‘Superbonus’.

“La problematica è quella dei conti pubblici per i quali ogni ulteriore allargamento comporterebbe ulteriore dispendio, non in termini di decine di milioni ma di parecchi miliardi”.

Insomma, qualche divisione, forse, in effetti c’è.