Tre suicidi in sole tre settimane: è questo il drammatico bilancio che sta creando forte agitazione e preoccupazione tra i detenuti del carcere di Verona, istituto già al centro dell’attenzione mediatica dopo l’arrivo di Filippo Turetta, l’assassino della giovane Giulia Cecchettin.
Lo scorso 8 dicembre, infatti, un altro giovane detenuto marocchino ha deciso di togliersi la vita nonostante mancassero solo tre mesi alla sua scarcerazione.
La morte di Oussama Sadek ha così fatto scoppiare l‘indignazione tra i suoi compagni di sezione, i quali hanno deciso di presentare un esposto al Tribunale di sorveglianza affinché sia fatta luce su quanto accaduto, nel rispetto della memoria di una persona «amata e benvoluta in modo unanime, senza distinzione di azza, di etnia, di provenienza e di credo religioso».
L’ennesimo suicidio nel carcere di Verona fa scattare la protesta dei detenuti
A far emergere la denuncia dei detenuti del carcere di Verona, addolorati e indignati per la morte in meno di un mese di tre compagni di reclusione, è stata l’associazione veronese Sbarre di Zucchero, che nelle ultime settimane ha già contribuito a dar voce ai disagi causati dall’esposizione mediatica del carcere di Montorio a seguito dell’ingresso di Filippo Turetta.
In un mese già difficile, pertanto, i detenuti si sono trovati a fare i conti con l’ennesima morte di un loro compagno di sezione.
A scatenare la loro protesta, tuttavia, è stato non solo il dolore ma anche le circostanze della morte di Oussama Sadek la quale, secondo gli stessi detenuti, sarebbe stata evitabile in presenza di un diverso trattamento da parte delle autorità sanitarie.
I disagi psicologici di Oussama, infatti, erano noti da tempo. Purtroppo, infatti, il giovane marocchino aveva già provato diverse volte a levarsi la vita in passato, prima gettandosi nel vuoto dal carcere di Rovigo e poi tentando più volte di darsi fuoco o impiccarsi.
Ancora un suicidio in carcere: l’ultimo è il giovane Oussama Sadek, morto nella Casa circondariale di Verona
Nei giorni precedenti al suicidio, l’acuirsi del malessere psichiatrico del giovane Oussama era stato segnalato al corpo penitenziario e ai responsabili sanitari della Casa circondariale di Montorio-Verona che, dopo valutazione, avevano deciso di trasferire il giovane nella sezione di isolamento matricola.
Ed è proprio questa la decisione che oggi, dopo la tragedia, i detenuti contestano alla direzione sanitaria: la scelta di inviare Oussama in isolamento avrebbe, secondo i compagni, contribuito ad esasperare la disperazione del giovane che, solo tre giorni dopo, ha deciso di levarsi la vita.
Secondo i detenuti, per prevenire il tragico gesto del ragazzo sarebbe bastato inviare lo stesso «presso un più adeguato reparto psichiatrico di ospedale o, alla peggio, presso l’infermeria psichiatrica del carcere».
La denuncia dei detenuti di Verona dopo il suicidio del giovane Oussama
Per fare luce sul perché Oussama si stato mandato in isolamento e non si siano operate diverse scelte, pertanto, i detenuti della sezione sezione quinta corpo 3 del carcere di Montorio hanno deciso di scrivere un esposto al Tribunale di sorveglianza.
Chiediamo un intervento incisivo da parte dell’autorità giudiziaria, e di tutte le Istituzioni della Repubblica Italiana, per fare la massima chiarezza e scongiurare futuri episodi simili, evitando di “bollare” questo ennesimo suicidio solo come un momento di debolezza e sconforto imprevedibile, come sono stati fatti passare tanti altri nostri compagni deceduti
Oussama, d’altronde, è la 66esima persona che quest’anno si leva la vita nelle carceri italiane. La sua storia, al pari delle altre, segnala pertanto l’esistenza di un problema di salute mentale che riguarda gli Istituti di pena italiani e che richiederebbe l‘attenzione dell’opinione pubblica, troppo spesso indifferente rispetto a quanto accade in un mondo erroneamente percepito come lontano e non meritevole di tutela, il quale necessiterebbe invece di grandi investimenti e nuove progettualità, così da garantire realmente quel diritto al reinserimento sociale garantito a qualunque cittadino dall‘articolo 27 della Costituzione.