In pensione a 63 anni con il cumulo dal lavoro, è possibile? La corsa alla pensione spesso porta ad accettare condizioni poco vantaggiose per il lavoratore. Il governo Meloni ha rinnovato i pilastri pensionistici italiani, apportando dei correttivi non di poco conto.

E questo non è certo un mistero. L’esecutivo mantiene serrata la tabella di marcia, imponendo tagli e penalizzazioni. Nonostante ciò, le condizioni pensionistiche diventano più rigide per i lavoratori. C’è qualcuno che si pone il problema della cumulabilità tra la pensione e il reddito da lavoro? Vediamo insieme come funziona la pensione a 63 anni di età con il cumulo.

Pensione 63 anni: cumulo

 Peccato che, nella pratica, molti pensionati non possano ricorrere al cumulo. Visti i tempi, arricchire la rendita mensile con una remunerazione prodotta dal lavoro potrebbe risolvere non pochi problemi. In molti si chiedono cosa comporti il prosieguo di un’attività lavorativa dopo la pensione.

È importante notare che sono stati diversi gli interventi legislativi espressi in materia di cumulo tra pensione e redditi da lavoro. Il primo approccio è stato quasi un abbraccio integrale tra la cumulabilità di pensione e redditi.

Successivamente, sono stati introdotti limiti che hanno imposto riduzioni o l’eliminazione della cumulabilità. Lo spiega il sito ilsole24ore.com, mettendo in chiaro le disposizioni contenute nell’articolo 72 della legge 388/2000, che recita:

“Cumulo tra pensione e reddito da lavoro. (N.D.R.: L’art. 44, primo comma, L. 27 dicembre 2002 n. 289 ha esteso, a decorrere dal 1° gennaio 2003, il requisito di totale accumulabilità’ tra redditi da lavoro autonomo e dipendente e pensioni di anzianità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, ai casi di anzianità contributiva pari o superiore ai 37 anni, a condizione che il lavoratore abbia compiuto 58 anni di età. I predetti requisiti devono sussistere all’atto del pensionamento.”

Pensione e reddito

Come funziona la pensione in cumulo?

Questa norma è stata introdotta per scoraggiare l’accesso alla pensione di anzianità. Tuttavia, le novità sono arrivate con l’introduzione della legge 133/2008, con la quale è stata reintrodotta la cumulabilità, a partire dal 1° gennaio 2009, delle pensioni di anzianità con il reddito prodotto da un rapporto di lavoro dipendente o da un’attività lavorativa autonoma.

Attualmente, la pensione di anzianità non esiste più, poiché è stata sostituita dalla pensione anticipata, che ha assorbito anche il regime di cumulabilità con i redditi.

Per le pensioni che rientrano nel sistema contributivo, è possibile utilizzare il cumulo della pensione con i redditi, a condizione di:

  • aver raggiunto almeno 60 anni di età (donne) o 65 anni (uomini);
  • avere almeno 40 anni di contribuzione;
  • avere 61 anni di età e almeno 35 anni di contributi.

In teoria, si tratta dei criteri di applicazione della totale cumulabilità delle pensioni con i redditi da lavoro, anche in presenza di una rendita calcolata totalmente con il sistema contributivo.

Tuttavia, resta il divieto di cumulo per i pubblici dipendenti se riammessi in servizio presso le pubbliche amministrazioni. Inoltre, non sono ammessi al meccanismo di cumulo i titolari di pensione ai superstiti e degli assegni di invalidità con altri redditi (legge 335/1995).

Quali pensioni si possono cumulare?

 La norma permette al lavoratore di cumulare più periodi assicurativi, sommando la contribuzione versata in più gestioni previdenziali, al fine di perfezionare il diritto alla pensione. Per i periodi assicurati in cumulo, non si prevedono oneri a carico del richiedente.

Attraverso il cumulo, è possibile utilizzare la contribuzione maturata in più gestioni al fine di perfezionare il diritto alla pensione di vecchiaia, anticipata, inabilità, a superstiti (indiretta e reversibilità).

Pensione a 63 anni con cumulo

Quando si può andare in pensione con il cumulo?

Per il 2024, per la pensione di vecchiaia ordinaria non sono previste modifiche; pertanto, i lavoratori potranno utilizzare la misura per accedere al pensionamento, a condizione che abbiano maturato 67 anni d’età e 20 anni di contribuzione.

A cambiare è l’anticipo pensionistico Ape sociale, che permetterà un’uscita dal lavoro non più a 63 anni, ma bensì a 63 e 5 mesi con un montante contributivo di 30 e 36 anni di versamenti.

L’Ape sociale non è una pensione ma un’indennità; pertanto per il calcolo della rata mensile in presenza
di più gestioni, trovano applicazione criteri propri, diversi da quelli stabiliti dal legislatore per gli istituti di
“cumulo dei periodi assicurativi” applicati in fase del pensionamento (punto 6, della circolare n.100 del 2017)

In caso di iscrizione ad un’unica gestione, corrisponde a una rata mensile dell’importo della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione uguale o inferiore a 1.500 euro.

Diversamente, per la contribuzione versata o accreditata in più gestioni, tra quelle interessate dall’APE Sociale, il calcolo dell’assegno mensile di pensione viene effettuato pro quota per ciascuna gestione in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati.

Versamenti volontari Ape sociale

È possibile effettuare versamenti volontari per maturare il diritto alla pensione?

L’INPS al punto 6 della circolare n. 100 del 2017, spiega che in fase di fruizione dell’indennità di APE
sociale non spetta contribuzione figurativa, né i relativi periodi di godimento sono utili per il diritto a
pensione.

Pertanto, il percettore dell’indennità che desidera incrementare la propria posizione contributiva al
fine di perfezionare il requisito per l’accesso alla pensione anticipata può farlo sia svolgendo un’attività
lavorativa nei limiti di reddito annuali stabiliti dalla legge che versando una contribuzione volontaria
relativamente per i periodi non coperti da altra contribuzione.

La misura, infatti, è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa dipendente o parasubordinata, ma attenti ai limiti. Come spiegato dall’INPS, il discorso vale per i casi in cui i relativi redditi non superino gli 8mila euro lordi annui, mentre per lo svolgimento di attività di lavoro autonomo il limite di reddito ammesso non deve superare 4.800 euro lordi annui.

Se il beneficiario supera tali limiti normativi, decade dal diritto all’Ape sociale. Si ricordi che le somme percepite indebitamente dovranno essere restituite.

Che differenza c’è tra cumulo e ricongiunzione? Il meccanismo di cumulo assicura il recupero della contribuzione maturata ai fini del trattamento economico, anche se perfezionata nella Gestione Separata INPS. Diversamente, la ricongiunzione considera i periodi contributivi cessati (non utili ai fini della pensione) in via del tutto “virtuale”.