Una donna di 55 anni, residente a Trieste e affetta da una sclerosi multipla secondariamente progressiva, è morta in seguito all’autosomministrazione di un farmaco letale ricevuto per il suicidio assistito.
Morta in casa la donna che aveva chiesto il suicidio assistito: cosa è successo
Si tratta del primo caso in Italia di suicidio assistito legalizzato previsto dalla Consulta con la sentenza Cappato. La donna ha deciso consapevolmente di porre fine alla sua esistenza il 28 novembre scorso, mediante l’autosomministrazione di dosi letali di farmaci con la collaborazione del sistema sanitario nazionale e assistita da un medico nella procedura.
Come affermato dall’associazione Luca Coscioni:
Il farmaco letale e la strumentazione sono stati forniti dal Ssn e un medico individuato dall’azienda sanitaria, su base volontaria, ha provveduto a supportare l’azione richiesta nell’ambito e con i limiti previsti dalla ordinanza cautelare pronunciata dal Tribunale di Trieste il 4 luglio, e quindi senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco, azione che è rimasta di esclusiva spettanza della donna”
La differenza tra suicidio assistito ed eutanasia
Il suicidio assistito è quando ad una persona vengono prescritti dei farmaci da autoassumere per morire mentre è assistito da un medico o un infermiere che lo aiuta nella dipartita, in luoghi protetti come un ospedale o in casa.
Nell’eutanasia il morente non deve essere necessariamente una parte attiva, perché l’azione diretta è da parte del medico che inietta il farmaco letale via endovenosa.