È una storia terribile, quella che nel Salernitano ha coinvolto Marzia Capezzuti, la donna affetta da fragilità mentale segregata e poi uccisa nella casa in cui aveva inizialmente trovato ospitalità. Per la sua morte sono attualmente indagate cinque persone. Una sesta è stata invece rinviata a giudizio. Si tratta di un minore e il processo a suo carico si aprirà il prossimo 15 dicembre.
La terribile storia di Marzia Capezzuti
Per ricostruire la vicenda di Marzia Capezzuti bisogna tornare indietro nel tempo. Originaria di Milano, la donna, affetta da un “disturbo della condotta in ritardo mentale di media gravità“, con “invalidità totale e permanente inabilità lavorativa al 100%” fu allontanata dai genitori, divorziati, all’età di 7 anni e affidata a una comunità.
Ci rimase fino alla maggiore età. Poi, sempre più spesso, iniziò ad allontanarsene, facendo perdere le proprie tracce. Successe per la prima volta nel 2014, quando sui social conobbe un certo Alessandro Vacchiano, originario di Pontecagnano Faiano, nel Salernitano, con il quale intraprese una relazione. Inutili furono i tentativi dei familiari di farla affiancare da un tutore: la loro richiesta venne sempre rigettata.
Quando si lasciarono, nel 2017, la donna andò a vivere dalla sorella di lui, Barbara, allontanandosi sempre più dai suoi familiari. Si scoprirà solo tempo dopo che all’interno dell’abitazione in cui sembrava aver trovato ospitalità veniva in realtà segregata e torturata. Le cose precipitarono nel 2019, quando Alessandro Vacchiano fu trovato morto per overdose vicino alla stazione centrale di Napoli.
La sorella, negando l’evidenza, iniziò ad accusare dell’accaduto Capezzuti, sostenendo che lo avesse picchiato fino a rompergli le ossa del collo. Ma la accusò anche di aver rubato in casa e di aver abusato sessualmente del figlio 15enne (quando sembra che in realtà fosse lei ad obbligarla ad avere rapporti con il giovane, affinché quest’ultimo “facesse esperienza”, come aveva riferito alle amiche).
La denuncia di scomparsa e il ritrovamento del corpo
Nel 2022 i familiari di Capezzuti, preoccupati, sporsero una denuncia per maltrattamenti nei confronti dei Vacchiano che, tuttavia, continuarono a vessare la donna fisicamente e verbalmente. Poi Marzia sparì nel nulla. Fu trovata morta in un casolare abbandonato il 15 ottobre del 2022.
In base a quanto ricostruito dagli inquirenti, per tre anni – dopo la morte dell’ex – sarebbe stata maltrattata, picchiata e abusata, mentre le venivano sottratti i soldi dell’invalidità a cui aveva diritto. Il tutto mentre la si accusava di essere una ragazza “maliziosa”, cattiva. Poi l’omicidio per strangolamento.
Fondamentale per le indagini è stata una videochiamata che il figlio minore di Barbara Vacchiano e del compagno Damiano Norchese avrebbe fatto con la sorella Annamaria.
Abbiamo finito. L’abbiamo portata a fare un giro. L’abbiamo tirata e affogata,
diceva il ragazzo, facendo intendere che le avessero buttato addosso dell’acido. Il prossimo 15 dicembre nei suoi confronti si aprirà il processo per concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dai motivi abietti.
In cinque, in totale, sarebbero indagati anche per aver sequestrato, maltrattato e torturato la donna, usando indebitamente la sua carta di credito.
I funerali della vittima
Lo scorso ottobre i parenti, gli amici e i conoscenti di Marzia Capezzuti hanno potuto darle un ultimo saluto nella chiesa di Santa Lucia, a Milano.
Al sangue di Marzia fa eco il sangue di tutte le donne perseguitate e uccise,
aveva detto, nel corso dell’omelia, il parroco don Giovanni Salatino, che aveva poi parlato della necessità di non considerare come mostri – ma come persone normali – i responsabili della morte della donna. Parole che sono state pronunciate, di recente, anche dalla sorella di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta a Vigonovo.