La nuova disciplina prevista dal decreto legislativo 24 del 2023 contiene la tutela della riservatezza nell’ambito del whistleblowing, ovvero del sistema di segnalazione di violazioni di norme dell’Unione europea da parte di enti pubblici e aziende private. Con l’avvicinarsi dell’ultima scadenza prevista per il 2023, quella che riguarda l’adozione del canale interno di segnalazione per le imprese da 50 a 249 lavoratori subordinati, le imprese dovranno prestare particolare attenzione a tutelare non solo la riservatezza dei soggetti segnalanti, ma anche quella degli altri soggetti e di ciò che contiene la segnalazione stessa.
Inoltre, presso l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) è stato istituito un elenco di enti del Terzo settore che forniscono sostegno e consulenza gratuiti ai soggetti che, a vario titolo, debbano inoltrare una segnalazione. Detti enti hanno stipulato una convenzione con l’Autorità nazionale anticorruzione e, sul sito istituzionale di quest’ultima, si può reperire l’elenco degli enti presso i quali si può ricevere l’assistenza di cui si necessiti.
Whistleblowing, come assicurare la tutela della riservatezza?
Si avvicina l’ultima scadenza del 2023 che prevede, per le imprese da 50 a 249 lavoratori subordinati, sia con contratto a tempo determinato che indeterminato, di adeguarsi alla nuova disciplina del whistleblowing, la normativa che tutela – sia sotto il profilo della riservatezza che contro eventuali ritorsioni – i soggetti che effettuino una segnalazione. Tale segnalazione può riguardare un illecito o una violazione del diritto dell’Unione Europea.
Whistleblowing tutela riservatezza, quando si può rivelare?
Tuttavia, la riservatezza di chi effettua una segnalazione deve essere tutelata. A prevedere nel dettaglio cosa debbano fare le imprese per assicurare questa forma di tutela sono le Linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), contenute nella delibera numero 311 del 12 luglio scorso.
In base a quanto dettato dall’Anac, l’eventuale disvelamento dell’identità della persona che ha effettuato la segnalazione a soggetti differenti per competenza da quelli che avrebbero dovuto ricevere o dar seguito alla segnalazione stessa, deve avvenire solo nei casi in cui il segnalante stesso ne abbia fornito espresso consenso. Quindi, vige il divieto di rivelare l’identità del segnalante, a meno che non sia il whistleblower stesso a disvelarla. Ecco come trattare una segnalazione anonima.
Tale divieto vige anche per tutte le informazioni o gli elementi della segnalazione che, se rivelati, potrebbero far risalire all’identità del whistleblowing. Peraltro, la riservatezza del segnalante deve essere assicurata anche in ambito giurisdizionale e disciplinare. Nell’ambito di un procedimento penale, la protezione dell’identità deve seguire quanto disposto dall’articolo 329 del codice di procedura penale.
Disvelamento identità whistleblower, quando può avvenire?
L’articolo fissa le regole generali che limitano la conoscibilità dei fatti durante le indagini preliminari. Infatti, “gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato (o l’indagato) non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Tale vincolo grava su tutti i soggetti che sono a conoscenza dell’atto di indagine e assolve alla funzione di proteggere la ricerca della verità rispetto ad atti che possono precludere la genuina acquisizione della prova“. Pertanto, gli atti rimangono segreti fino alla conclusione delle indagini, come avviene, peraltro, anche nel procedimento davanti alla Corte dei Conti, ambito nel quale il segreto istruttorio deve essere assicurato fino alla fine della fase istruttoria.
Alla difesa della riservatezza si contrappone il caso in cui il disvelamento dell’identità del whistleblower sia essenziale per la difesa del soggetto nei confronti dei quali sia stata mossa la segnalazione stessa. Nel caso in cui si tratti della contestazione di addebito disciplinare, dunque, l’identità può essere rivelata ma sempre dopo espresso consenso da parte del whistleblower.