Al termine dell’udienza preliminare tenutasi questa mattina a Bologna, il gup Nadia Buttelli, accogliendo la richiesta avanzata dal procuratore aggiunto Morena Plazzi e dal sostituto procuratore Domenico Ambrosino, ha rinviato a giudizio Giampaolo Amato, l’ex medico della Virtus accusato di aver ucciso la moglie e la suocera somministrando loro dei farmaci sottratti dal luogo di lavoro. Il processo a suo carico si aprirà il prossimo 6 marzo.
Giampaolo Amato, verso il processo per duplice omicidio a Bologna
Giampaolo Amato è accusato di duplice omicidio. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, avrebbe ucciso prima la suocera 87enne Giulia Tateo, poi la moglie Isabella Linsalata, di 62 anni. I fatti risalgono all’ottobre del 2021.
A dare l’allarme era stato lo stesso Amato che, mettendosi in contatto con il 112, la mattina del giorno 31 del mese aveva riferito di aver trovato il corpo della 62enne nella stanza da letto dell’abitazione di famiglia, in via Bianconi, a Bologna, ipotizzando che avesse accusato un malore improvviso.
I suoi familiari si erano però battuti affinché sulla salma fosse effettuata l’autopsia: temevano infatti che dietro all’apparente causa naturale del decesso si celasse altro. Da un po’, infatti, Linsalata aveva parlato con la sorella e con le amiche di alcuni fastidi avvertiti alla guida, avanzando l’ipotesi che il marito la drogasse.
Una tesi che sarebbe poi stata confermata dagli accertamenti eseguiti su una bottiglia di vino che lui le aveva offerto, conservata a “futura memoria” proprio dalla sorella della vittima. Una volta appurate le responsabilità di Amato, era nato il sospetto che l’uomo potesse essere coinvolto anche nella morte della suocera, scomparsa appena due settimane prima della figlia in circostanze simili.
Riesumando il cadavere dell’87enne, si era scoperto che nei suoi polmoni c’erano tracce (non quantificabili) degli stessi farmaci rinvenuti nel sangue della figlia, il Midazolam e il Sevoflurano. Farmaci che Amato avrebbe sottratto dall’azienda sanitaria in cui era impiegato all’epoca dei fatti. Ma ad incastrarlo sarebbe stato anche il suo smartwatch, che ne avrebbe registrato i vari movimenti, smentendo, di fatto, il suo già debole alibi.
La versione dei fatti della difesa
Secondo l’accusa, Amato avrebbe commesso i due omicidi, entrambi premeditati, per entrare in possesso dell’eredità delle due donne e per essere libero di portare avanti la relazione extraconiugale che da un po’ aveva intrapreso con un’altra donna. Lui dal suo canto si è professato innocente, sostenendo fin dall’inizio di essere completamente estraneo ai fatti di cui è accusato.
Stamattina in aula avrebbe anche chiesto un’attenuazione della misura cautelare (i domiciliari). Lo aveva già fatto in passato, attraverso i suoi legali, ma il gip lo aveva definito “socialmente pericoloso”, esprimendo addirittura il timore che potesse tornare ad uccidere, se fosse uscito dal carcere, scagliandosi, ad esempio, contro l’amante, che dopo l’arresto si sarebbe allontanata da lui.
La sua difesa, rappresentata dagli avvocati Cesarina Mitaritonna e Gianluigi Lebro, ha dichiarato che l’uomo “è molto provato, ma innocente”. Nel corso del processo a suo carico, che prenderà il via il prossimo 6 marzo, cercherà di dimostrare l’insussistenza degli indizi raccolti contro di lui, contestando le aggravanti.
Per l’occasione si sono costituiti parte civile la sorella della 62enne e il fratello della madre, Giulia Tateo, rispettivamente difesi dagli avvocati Maurizio Merlini e Francesca Stortoni. Non saranno parte civile invece i due figli di Amato e Linsalata, che dopo la morte della madre erano stati intercettati mentre chiedevano al padre com’era la donna “quella sera”, cos’aveva fatto, come se sospettassero di lui e dei suoi comportamenti.