Susan Francia, oro olimpico parla insieme alla madre premio Nobel, Katalin Karikò. Riconoscimento che arrivato quest’anno per la categoria medicina vista scoperta del vaccino anti-Covid: una famiglia vincente che si apre ad un racconto intimo sulle proprie origini e sugli ostacoli superati per arrivare dove sono ora.

Susan Francia, oro alle Olimpiadi e figlia del premio Nobel per la medicina

Nell’intervista rilasciata in esclusiva a Olympics.com la due volte campionessa alle Olimpiadi e cinque volte campionessa del mondo nonché figlia di Katalin Karikò, premio Nobel, ha parlato della sua infanzia e della scelta di uno sport che inizialmente non era neanche nei suoi piani.

Tra gli hobbies da sempre che la hanno attirata e appassionata non può rinunciare al basket, suo sport preferito al di là del canottaggio, e alla scrittura, un modo da sempre utile ad esorcizzare pensieri, idee. Inoltre, tra le sue considerazioni note, l’ausilio del mental coach: indizio che fa comprendere quanto lavoro ci sia anche per l’aspetto mentale e non soltanto fisico.

Vincitrice delle Olimpiadi di Pechino 2008 e Londra 2012, Susan Francia ha una carriera di tutto rispetto alle spalle e vanta un’esperienza che poche sportive possono sognare. Ormai superata la soglia dei 40 anni può voltarsi alle spalle e guardare con un certo romanticismo il suo percorso. Una strada, come ha ammesso lei, fatta di tanti sacrifici e per nulla semplice.

Durante il college, infatti, ha praticato diverse discipline sportive prima di arrivare a scegliere il canottaggio: vista la sua altezza, la canottiera americana si era dedicata ad attività strettamente compatibili e affini alla propria corporatura senza, però, avere successo fino a quando non ha iniziato a praticare canottaggio. Una scelta avvenuta durante la il secondo anno all’Università di Pennsylvania.

Seguita e supportata dalla madre Katalin Karikò, biochimica ungherese, Susan ha seguito la sua strada nello sport arrivando ad alti livelli e rimanendo sul tetto del mondo per ben 8 anni di fila tra Giochi Olimpici e Campionati del mondo di canottaggio.

Ora, però, Susan ammette con tono giocoso quanto le cose si stiano ribaltando e che in auge sia la madre viste le recenti scoperte che lei avrebbe fatto negli ultimi anni tramite ricerche sul Covid e sui vaccini:

“Abbiamo ribaltato il copione. Scherziamo dicendo che mia madre era conosciuta come la mamma di Susan Francia, e ora sono conosciuta come la figlia di Katalin Karikó”.

Sposata con Ryan Amos, la canottiera ha voluto raccontare del ruolo di madre su cui anche lei lavora tutti i giorni e per cui ha dovuto sacrificarsi ma che tratta anche nell’intervista con una certa autoironia sia personale che verso le proprie compagne di squadra nonché mamme e genitori a loro volta:

“Mi rendo conto di quanta pazienza abbia avuto. Rido anche con i miei compagni di squadra olimpica perché molti di loro sono anche genitori. E scherziamo dicendo che l’allenamento per le Olimpiadi pensavamo fosse la cosa più difficile che avremmo mai avuto nella nostra vita. No, no. Essere genitori è quello che conta. Non credo di essere mai stato così stanco in vita mia. Ma è anche molto gratificante ed è stato davvero divertente”.

Susan conosciuta ormai come figlia di Katalin Karikò

Katalin Karikò sarà la prossima a ricevere il Nobel per la medicina del 2023, premio che sarà condiviso insieme a Drew Weissman, per gli studi svolti sull’mRNA che hanno poi permesso lo sviluppo del vaccino anti-Covid che ha salvato migliaia di vite.

Un risultato che evidenzia ancor di più quanto sia una famiglia vincente per DNA e per mentalità. Due donne, madre e figlia, che si sono supportate l’una con l’altra e che hanno portato a termine dei risultati personali e umani storici:

“Siamo contenti del successo reciproco. Penso che questo sia speciale per noi. Mia madre ha questi bellissimi premi e una bacheca di trofei. Se nulla di tutto ciò fosse esistito e lei avesse semplicemente avuto il successo nell’aiutare i pazienti, penso che sarebbe stata la cosa più importante per lei e la stessa cosa per me. Semplicemente essere lì, crescere e sapere che per quel momento ero la migliore al mondo. Anche se non ci fossero state medaglie appariscenti o tutto il divertimento e la gloria olimpica”.

Neanche per Katalin è stato facile, la stessa biochimica ammette quanto si sia sacrificata e quanto abbia dovuto lavorare duro per arrivare al risultato ottenuto. La madre di Susan riconosce quanto abbia influito lo scetticismo delle persone sull’argomento e quanto sia stato fondamentale constatare i progressi per far ricredere tutti:

“Altre persone pensavano che non avessi successo e che non funzionasse. Ma mentre lavoravo in laboratorio ho potuto vedere i progressi e mi sono sentito molto felice. Ho potuto vedere di cosa si tratta, che sta migliorando sempre di più. Le altre persone non potevano vederlo, ecco perché erano scettici. Ma all’inizio, in realtà, l’mRNA non era così buono. Ci ho lavorato molto insieme ad alcuni colleghi e alla fine è diventato molto più potente”.