Cosa significa la cultura woke? Si tratta di un aggettivo della lingua inglese, che letteralmente significa “stare svegli”, “stare attenti” nei confronti di ingiustizie razziali o sociali.
La parola “woke” è ancora poco conosciuta nel nostro Paese perché spesso sostituito dai termini “politically correct” e “cancel culture” molto più usati in questo ambito.
Cosa significa la cultura woke: quando e dove è nata
La cultura woke è nata negli Stati Uniti intorno agli anni ’60. Si tratta di un’ideologia che perseguiva un atteggiamento legato ai soprusi sociali rappresentati dal razzismo e dalla disuguaglianza sia economica che sociale molto espansa in quel periodo.
Così facendo si solidarizzava e ci si impegnava per aiutare tutti coloro che subivano queste ingiustizie.
Nelle tante manifestazioni di quel periodo, venivano elaborate poi molte proposte per risolvere il problema delle differenze e affermare i propri diritti senza causare nessuno danno agli altri.
Solo di recente però si è iniziato sempre più spesso a parlare di ideologia woke.
Dalla parola è infatti derivata l’idea di combattere alcuni fenomeni legati alla società statunitense e a quella occidentale, in particolare al razzismo e al sessismo.
Come spesso accade però a causa di una forte politicizzazione il termine ha guadagnato un’accezione sempre più negativa.
Tutto questo è avvenuto a causa di alcuni componenti di vari movimenti che hanno esasperato le loro posizioni. In questo modo questa cultura è diventata estremamente intollerante nei confronti di chiunque sia in disaccordo con la loro visione del mondo.
La cultura woke si percepisce quindi come l’invito a combattere incessantemente per rendere pura la nostra società. Spesso per farlo, occorre eliminare tutto ciò che è in disaccordo con l’ideologia stessa, come statue, libri, idee e persone che rappresentano una visione del modo differente.
Si può dire che il termine “woke” sia l’equivalente del nostro “politicamente corretto”, un’altra parola nata con la nobile intenzione di non discriminare nessuno, ma che con il tempo è stata usata per denigrare e ridicolizzare alcuni cambiamenti sociali.
Il termine di recente, è stato ripreso da alcuni movimenti sociali diventati molto conosciuti. Nel corso degli ultimi anni, infatti lo slogano è stato utilizzato anche nei movimenti del “Black Lives Matter” e del “Me Too”.
Grazie a loro, la parola woke è entrata nel vocabolario inglese ed è usata nella lingua comune e colloquiale diffondendosi gradualmente.
Cosa fare per migliorare il fenomeno
In questo periodo è aumentato di molto il dibattito sugli effetti delle evoluzioni di fenomeni come il pensiero woke e la cancel culture.
L’ideologia woke ha infatti avuto dei risvolti sulla realtà. Per esempio sui social sono tanti gli effetti di questo pensiero che si fanno sentire soprattutto nei casi in cui, a seguito di errori e dichiarazioni controverse da parte di personaggi pubblici o aziende, ci si aggrega con il fine di boicottarli.
A questo proposito, l’Università di Cambridge organizza per gli studenti un corso di free speech, che letteralmente significa “parole in libertà”.
Nato proprio per combattere il tentativo di boicottare un gruppo o un individuo togliendogli la possibilità di potersi esprimere liberamente.
Infatti insegnare alle nuove generazioni a tollerare le opinioni altrui non significa per forza insegnare anche a condividerle.
Bensì significa avere la possibilità di elaborare un pensiero critico attraverso l’ascolto e di conseguenza di interagire. Se contrari, poi si possono elaborare proposte alternative lavorando insieme, discutendo e confrontandosi per trovare il giusto equilibrio.
In questo modo si può evitare di creare intolleranze e provocare rabbia o aggressività nella parte offesa ottenendo solo, come conseguenza, l’inevitabile chiusura a qualsiasi tipo di dialogo costruttivo.
Le opinioni legittime, così come la storia, non devono essere dimenticate o cancellate, ma dovrebbero essere aperte al libero dibattito e sempre pronte ad insegnare qualcosa.
L’intento della cultura woke è necessario per aspirare ad una società più libera. Dove i propri pensieri, per quanto possano essere giudicati sbagliati, possono comunque essere espressi senza temere ripercussioni violente e senza sfociare nella censura o nell’intolleranza.