Ancora una settimana prima dell’allargamento delle regole del wistleblowing anche alle imprese con un numero di dipendenti da 50 a 249 e l’adozione di misure per evitare le ritorsioni per chi segnali violazioni e illeciti. Dal 17 dicembre 2023 queste imprese dovranno aprire il canale interno di segnalazione che, tra modalità di invio della segnalazione, tutele di privacy e divieto di ritorsione, dovranno funzionare come richiede il decreto legislativo 24 del 10 marzo 2023 e, ancora prima, la direttiva europea 1937 del 2019 e la legge 179 del 2017.
A tal proposito si può stilare una vera e propria lista con 17 ritorsioni che sono vietate per i soggetti che abbiano effettuato la segnalazione (i cosiddetti “whistleblower“). L’obbligo di istituire il canale interno per le segnalazioni è previsto dal decreto legislativo 24 del 2023 fin dal 15 luglio scorso per le imprese a partire dai 250 lavoratori subordinati, sia con contratto a tempo determinato che indeterminato, nonché per gli enti del settore pubblico.
Whistleblowing, cosa sono le ritorsioni?
Entrerà nel vivo a partire dal 17 dicembre prossimo la nuova disciplina dettata dal decreto legislativo 24 del 2023 relativa al whistleblowing. Da questa data, infatti, anche le imprese di più ridotte dimensioni dovranno adottare il canale di segnalazione interno per illeciti e violazioni del diritto dell’Unione europea.
La recente disciplina adottata a marzo scorso con il decreto legislativo 24/2023 consente di allargare le tutele riservate al soggetto segnalante. Infatti, è considerato tale chi segnali una violazione o un illecito del quale sia venuto a conoscenza nell’ambito del contesto lavorativo.
Può trattarsi del dipendente aziendale o del collaboratore, del lavoratore autonomo o del libero professionista, del volontario o del tirocinante, anche non retribuito e, perfino dell’azionista o delle figure con particolari funzioni di amministrazione, controllo, direzione, vigilanza o rappresentanza. La tutela si estende anche ai facilitatori e ai colleghi di lavoro del segnalante.
Whistleblowing, 17 ritorsioni vietate: eccole nel dettaglio
Come accennato, chi effettua la segnalazione non può subire delle ritorsioni con procedure adottate, ad esempio, dal datore di lavoro. Si possono distinguere ben 17 azioni considerate quali ritorsioni che non possono essere adottate nei confronti dei whistleblower.
Ad esempio, non si può licenziare, sospendere, retrocedere di grado oppure evitare la promozione del soggetto segnalante. Ancora non si possono cambiare le funzioni o il luogo di lavoro. Per tutte le azioni considerate ritorsive spetta al datore di lavoro l’onere di provare che essere non siano una conseguenza della segnalazione stessa.
Dal licenziamento alla sospensione, dal cambiamento di luogo o orario di lavoro: cosa non può fare il datore di lavoro?
Ancora, non si può ridurre lo stipendio come ritorsione per la segnalazione, oppure modificare l’orario di lavoro, sospendere la formazione dedicata al dipendente whistleblower, o assegnare note di merito negative. Sono vietate, altresì, le misure disciplinari o sanzionatorie, anche di tipo pecuniario, le azioni coercitive, intimidatorie, moleste o discriminatorie (o, in ogni modo, sfavorevoli).
Dal punto di vista contrattuale, non può essere conseguenza della segnalazione la mancata conversione di un contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato, qualora il subordinato avesse una concreta aspettativa alla promozione.
Segnalazione, ritorsioni whistleblowing: attenzione anche alla reputazione sui social network
Allo stesso modo, anche il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata del contratto di lavoro possono essere qualificati come ritorsione nei confronti del whistleblower. Infine, tra le ritorsioni da evitare figurano i danni, anche alla reputazione della persona, con particolare rilevanza di ciò che possa avvenire a tal proposito sui social network; i pregiudizi finanziari ed economici a sfavore del lavoratore tra i quali anche la perdita di opportunità economiche o di redditi.
Vietate anche le ritorsioni che si presentino come annullamento di una licenza o di un permesso e la richiesta di sottoposizione ad accertamenti medici e psichiatrici.