Pochi mesi prima di macchiarsi dell’omicidio di Giulia Cecchettin, Filippo Turetta aveva fondato un’azienda agricola, diventando imprenditore. È possibile che volesse lasciare l’università e cambiare strada?, ci si chiede. Sembra infatti che allo psicologo della Usl che aveva incontrato per parlare dei suoi problemi relazionali avesse anche menzionato di essere rimasto indietro con gli esami.
Filippo Turetta voleva lasciare l’università? Il dettaglio dell’azienda agricola
Ad agosto Giulia Cecchettin aveva lasciato Filippo Turetta per la sua “gelosia ossessiva”. Quando i due ragazzi erano ancora fidanzati, a febbraio, lui aveva fondato – insieme a due soci, due suoi coetanei – una società agricola semplice, la “Calto Fredo”, che si sarebbe occupata della “coltivazione” di alberi da frutta e dell'”allevamento” di bovini e suini, ma anche della “produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili”, riporta Il Mattino.
Che stesse meditando di cambiare strada? Con gli esami del corso di laurea in Ingegneria Biomedica era infatti indietro. Non a caso, poco prima che la 22enne di Vigonovo mettesse la parola “fine” alla loro relazione, le aveva chiesto di aspettarlo, affinché potessero raggiungere quel traguardo insieme, incontrando il diniego di lei, che era invece determinata a proseguire dritta per la sua strada, come aveva confessato in un audio inviato alle amiche poco prima dell’omicidio, chiedendo loro consiglio su come potersi liberare del ragazzo, che la ricattava emotivamente, costringendola a vederlo.
Ad ottobre aveva iniziato a frequentare da pendolare la Scuola internazionale di fumetto di Reggio Emilia per perseguire il suo sogno di diventare un’illustratrice di libri per bambini e ragazzi. Il 16 novembre a Padova avrebbe dovuto discutere la sua tesi di laurea, ottenendo il diploma e iniziando una nuova vita. Cosa che lui, evidentemente, non accettava. Si sta cercando di capire se ne avesse parlato con lo psicologo della Usl incontrato per cinque volte prima del delitto.
La ricostruzione dell’omicidio di Giulia Cecchettin
L’11 novembre si erano dati appuntamento per andare al centro commerciale. Dopo aver fatto una deviazione, Filippo Turetta, a bordo della sua Grande Fiat Punto, si era presentato sotto casa di Giulia. Poi insieme si erano diretti al “Nave de Vero” di Marghera, vicino Venezia, e la ragazza, chattando con la sorella, Elena, aveva chiesto consiglio su quali scarpe avrebbe dovuto indossare il giorno della sua discussione.
Verso le 20 avevano mangiato al McDonald’s. Alle 22.45 l’ultimo messaggio, prima che il telefono di entrambi risultasse spento. Giulia non aveva mai fatto ritorno. Il padre, spaventato, ne aveva denunciato la scomparsa, spiegando che non si sarebbe mai allontanata volontariamente, non senza far avere sue notizie ai familiari. Cosa che sarebbe stata confermata dal racconto di un testimone, che avrebbe detto di averli visti litigare a pochi passi dall’abitazione di lei, a Vigonovo, con lui che la tratteneva in auto.
Stando a quanto ricostruito in seguito, un quarto d’ora dopo Turetta l’avrebbe colpita mortalmente: lei aveva provato a fuggire, ma mentre correva era stata rincorsa, aggredita e ricaricata inerme sulla vettura. Il suo corpo sarebbe stato ritrovato qualche giorno dopo in un canalone nei pressi del lago di Barcis, l’area in cui gli inquirenti avevano concentrato le ricerche dopo aver studiato attentamente la direttrice seguita dall’auto del ragazzo la notte della scomparsa.
Lui invece era stato fermato in Germania e da lì estradato in Italia. Attualmente è detenuto nel carcere di Montorio, a Verona. Davanti agli inquirenti ha già ammesso le proprie responsabilità, sostenendo però di non sapere cosa gli sia scattato nella testa. Per questo la sua difesa potrebbe decidere di sottoporlo a una perizia psichiatrica o di puntare sulla riqualificazione del capo di accusa in omicidio preterintenzionale.