Dagli sms inviati da Filippo Turetta alla sorella di Giulia Cecchettin qualche settimana prima dell’omicidio, emerge tutta l’ossessione del giovane per l’ex fidanzata, che ad agosto lo aveva lasciato proprio per via dei suoi comportamenti. A renderli noti, insieme a un audio in cui il ragazzo parlava dei gusti della 22enne, è stata la trasmissione “Chi l’ha visto?”, il programma di Rai 3 condotto da Federica Sciarelli.

Gli sms inviati da Filippo Turetta alla sorella di Giulia Cecchettin

Nei messaggi Turetta chiede ad Elena Cecchettin di “far accendere il cellulare alla Giulia e farglielo lasciare acceso”. “Non è giusto, non può non cagarmi per tutte ste ore”, scrive. La ragazza le risponde con un secco “no”, chiedendogli di dare a Giulia “un attimo di respiro”.

Lui allora sbotta: “Di respiro da cosa? Mi aveva promesso che mi mandava qualche foto e video della giornata”. All’epoca i due si erano già lasciati e da poco erano partiti, separatamente, per andare a un concerto: Giulia con la sorella, in treno; Filippo a bordo della Grande Fiat Punto di famiglia, la stessa che qualche settimana dopo avrebbe usato per sequestrarla, prima di toglierle la vita.

Secondo i racconti di Elena Cecchettin, per tutta la giornata Filippo avrebbe inviato messaggi a Giulia, tando da spingerla a spegnere il cellulare. A quel punto lui avrebbe iniziato a scrivere anche a lei, chiedendole spiegazioni. Una vera e propria mania di controllo che Giulia continuava a sopportare solo per paura che, altrimenti, lo avrebbe ferito.

Alle amiche però confidava, in un audio, di volersi liberare di lui. Era determinata a costruirsi una nuova vita, anche dal punto di vista relazionale. Lui la ricattava emotivamente, minacciandola che – se non si fossero visti e sentiti – lui si sarebbe ammazzato.

L’aggravante dello stalking

Di questi messaggi, così come di alcuni audio in cui Turetta, parlando della festa di laurea della 22enne, faceva intendere di volersi occupare dell’organizzazione al suo posto, i legali della famiglia Cecchettin, gli avvocati Stefano Tigani e Nicodemo Gentile dell’Associazione Penelope, si serviranno per chiedere di contestare al ragazzo finito in carcere l’aggravante dello stalking.

Del resto avevano già messo in evidenza come il suo comportamento tradisse “un assedio psicologico, che aveva provocato in Giulia uno stato di disorientamento e di importante ansia”. Nei suoi confronti Turetta avrebbe messo in atto, per diverso tempo, una serie di “azioni di molestie e controllo“, poi, in ultimo “l’omicidio, al fine di gratificare la sua volontà persecutoria”.

Agli inquirenti, che lo hanno interrogato negli scorsi giorni, ha fatto capire di aver ucciso perché voleva che la giovane fosse “sua e di nessun altro”. L’11 novembre si erano dati appuntamento per andare al centro commerciale. Intorno alle 20 erano stati visti cenare ai tavolini di un McDonald’s di Marghera, vicino Venezia. Alle 22.45 Giulia aveva inviato quello che sarebbe stato il suo ultimo messaggio, alla sorella.

Poi di lei si erano perse le tracce. Un testimone aveva riferito di averla vista in compagnia del giovane in un parcheggio situato a circa 150 metri dalla sua abitazione, a Vigonovo. L’uomo, vedendoli litigare, aveva chiamato i carabinieri, ma quando una pattuglia era arrivata sul posto, la Fiat di Turetta si era già allontanata e, stando alle ricostruzioni, Giulia era già morta.

Un quarto d’ora dopo il primo litigio, infatti, nella zona industriale di Fossò la ragazza avrebbe provato a scappare dall’auto. Turetta, catturato dai filmati di alcune videocamere di sorveglianza, l’avrebbe rincorsa e colpita con violenza, caricandola inerme all’interno della vettura. Non è chiaro se l’abbia uccisa in quegli attimi, in strada, oppure in auto. Da qualche settimana era in cura dallo psicologo.