Sembrano essere stabili le condizioni della donna che ieri è stata sfregiata al volto con l’acido dal marito, Saro Gioacchino Morgana, arrestato ad Agrigento con l’accusa di lesioni personali gravissime. Anche lui, nel corso della colluttazione, è rimasto ferito: attualmente si trova in ospedale, dove è piantonato h24. Quando verrà dimesso, sarà trasferito direttamente in carcere.

Agrigento, donna sfregiata al volto con l’acido dal marito: la ricostruzione dei fatti

L’aggressione è avvenuta nella tarda mattinata di ieri, 5 dicembre, nell’abitazione che la donna, di 50 anni, aveva condiviso per tempo con il marito Saro Gioacchino Morgana, con cui ora era in fase di separazione. Un’abitazione di via Tiepolo, a Palma di Montechiaro, nell’Agrigentino.

La donna vi si era recata per recuperare alcuni oggetti personali dopo essere stata trasferita in una comunità protetta. Di recente, infatti, aveva denunciato l’uomo, di 48 anni, per maltrattamenti e nei suoi confronti era stato avviato l’apposito iter di codice rosso, che prevede, tra le altre cose, l’allontanamento dalla casa familiare per le vittime.

Una volta entrata, l’uomo, pregiudicato, le avrebbe teso un agguato, lanciandole addosso un contenitore pieno di acido, sfregiandole il viso. Anche lui, però, avrebbe riportato delle lesioni, diverse ustioni di terzo grado al collo e alle mani. Per questo, nonostante il fermo (che è in attesa di essere convalidato), si trova, al momento, in ospedale a Catania.

È piantonato h24. Quando i medici che lo hanno in cura decideranno per le sue dimissioni, sarà trasferito direttamente in carcere. È accusato di lesioni personali gravissime.

I precedenti in tutta Italia

Non è la prima volta che succede. Lo scorso marzo a Padova una donna di 52 anni originaria di Sant’Elena era stata aggredita e sfregiata con l’acido sotto casa. Stava rincasando quando un uomo le si era avvicinato e, con il volto coperto, le aveva gettato il liquido corrosivo addosso, dopo averle tolto dalle mani lo smartphone.

Lei aveva iniziato ad urlare, attirando l’attenzione dei vicini e mettendo in fuga il suo aggressore. Poi aveva sporto denuncia. Dalle movenze aveva infatti capito che poteva trattarsi dell’ex marito, che già in passato, con lei, era stato violento. L’uomo si era professato innocente e aveva addirittura cercato di depistare le indagini, sostenendo di aver ricevuto una lettera anonima scritta dal vero autore del gesto, come se quest’ultimo stesse cercando di incastrarlo.

Poi, messo alle strette, era crollato, ammettendo le proprie responsabilità. Aveva detto di averlo fatto perché l’ex moglie gli aveva da poco confessato di aver intrapreso una relazione con un altro e ne era geloso. Motivazioni che ricordano quelle di altri uomini che si sono scagliati contro le donne che un tempo li avevano amati, facendo loro del male, fino ad arrivare ad ucciderle.

Il caso di Filippo Turetta

Si pensi a Filippo Turetta, da poco estradato dalla Germania dopo essere stato arrestato per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, consumatosi a Vigonovo, in provincia di Venezia, l’11 novembre scorso. Davanti agli inquirenti, il ragazzo, 22 anni il 18 dicembre, avrebbe confessato di aver agito perché voleva “che la ragazza fosse sua” e di nessun altro. Non accettava, in pratica, che lei lo avesse lasciato e che stesse cercando di costruirsi una nuova vita.

Alle amiche aveva detto, in un audio, di essere stanca di lui e dei suoi comportamenti: dopo la fine della loro relazione continuava a ricattarla emotivamente, costringendola a vederlo. Altrimenti, le diceva, si sarebbe ammazzato. Poi l’appuntamento, il sequestro di persona e l’omicidio brutale a pochi passi da casa dopo una lite. Comportamenti che accomunano tutti i femminicidi e gli episodi di violenza, con le vittime trattate alla stregua di oggetti da possedere.