A quasi sei mesi dalla scomparsa della piccola Kata a Firenze, nuove turbolenze scuotono il caso della bambina peruviana dall’interno. Nelle scorse ore gli avvocati che assistevano i suoi genitori, Filippo Zanasi e la collega Sharon Matteoni, hanno infatti deciso di rinunciare all’incarico insieme al consulente di parte Luciano Garofano, ex generale del Ris dei carabinieri. Il motivo? Sarebbe venuto a mancare, tra loro e i propri assistiti, il necessario rapporto fiduciario.
Kata scomparsa a Firenze, gli avvocati dei genitori rinunciano all’assistenza legale: ecco perché
Non è la prima volta che i genitori della bambina scomparsa a Firenze vengono “abbandonati”: a giugno già l’avvocato Dacia Rometta dell’Associazione Penelope, che si occupa dell’assistenza alle famiglie delle persone scomparse, aveva rinunciato all’incarico di difensore della mamma, dando la colpa alle “reiterate interferenze esterne subite” nel corso dello svolgimento del suo mandato.
Si tratta delle stesse motivazioni che avrebbero ora spinto anche gli ultimi avvocati della donna, Filippo Zanasi e Sharon Matteoni, a prendere le distanze da lei e dal marito, tornato da poco in carcere per aver violato l’obbligo di firma. Nella nota fatta circolare dai due legali, si legge, infatti, che Katherine Alvarez e Miguel Angel Montero Chicclo si sarebbero fatti ripetutamente influenzare dalle piste avanzate da una sensitiva peruviana, rivelatesi false.
Sono venute meno le condizioni che possano assicurare un benché minimo rapporto fiduciario con i nostri assistiti – scrivono -, sia per la diffidenza che costoro hanno da sempre manifestato e continuano a manifestare nei confronti degli inquirenti, cui va invece riconosciuto il merito di aver svolto un enorme lavoro investigativo e di ampia e costante disponibilità nei riguardi della coppia, quanto per l’emersione di ipotesi ricostruttive dei fatti pervenute direttamente ai nostri assistiti, puntualmente rappresentate agli inquirenti, frutto dei suggerimenti di una sedicente sensitiva peruviana, le quali tuttavia non hanno trovato alcun fondamento pur a seguito di autonome indagini difensive che ne smentiscono la sussistenza e che gli scriventi non intendono condividere, né promuovere a tutela della loro onorabilità e professionalità.
Sentito da Tag24, l’avvocato Zanasi per il momento non ha voluto aggiungere altro.
A che punto sono le indagini sul presunto rapimento della bambina
Katherine era da poco finita sotto ai riflettori per un’aggressione avvenuta all’interno di una discoteca fiorentina, a seguito della quale una donna l’aveva denunciata. Il caso della figlia, intanto, sembra essersi arenato. A nulla sono serviti i numerosi sopralluoghi effettuati dagli inquirenti dentro e fuori l’ex hotel Astor, dove Kata è stata avvistata per l’ultima volta intorno alle 15 del 10 giugno scorso, prima di sparire nel nulla.
Di lei sembrano non esserci tracce: non sono sue quelle trovate nei bagni delle due stanze dello stabile che aveva frequentato. Né ce ne sono all’interno delle valigie e dei borsoni con cui tre inquilini dell’edificio erano stati visti uscire – in modo sospetto – proprio il giorno in cui è scomparsa, all’interno di cui si pensava potessero aver nascosto il suo corpo.
I tre, insieme ai due zii della bimba, quello materno e quello paterno, entrambi detenuti, erano stati iscritti nel registro degli indagati, ma presto le loro posizioni saranno archiviate. Nel mirino dei sospettati restano, a questo punto, due membri della famiglia: con uno, in particolare, Kata era stata lasciata dalla madre mentre era a lavoro.
Lo zio Abel, noto come “Dominique”, finito in manette nell’ambito di un’inchiesta parallela, riguardante il racket degli affitti dell’ex hotel. Ci si chiede se la bimba non sia stata presa da qualcuno che ce l’aveva con lui, forse per una violenta aggressione avvenuta qualche settimana prima. Una vendetta, insomma. E se lui non stia nascondendo la verità.
L’ipotesi dello scambio di persona
L’altra ipotesi è che la bambina sia rimasta vittima di uno scambio di persona e che cioè sia stata presa per sbaglio al posto di un’altra, la figlia di una donna che per un periodo di tempo avrebbe convissuto con un narcotrafficante peruviano finito in carcere.
Sembra infatti che l’uomo non avesse risanato i suoi debiti. Magari qualcuno voleva “punirlo” e si sarebbe imbattuto in Kata. Si tratta di supposizioni, congetture che non avrebbero trovato alcuna conferma nel corso dell’audizione di 14 persone attualmente in Perù, tra cui proprio il narcotrafficante.
Cosa si celi davvero dietro a questa storia, che sembra farsi ogni giorno più ingarbugliata, ancora non si sa. La speranza è che chi indaga prima o poi riesca a portare alla luce la verità.