Il consiglio dei ministri vara il disegno di legge di ratifica del Protocollo fra Italia e Albania sui migranti. L’accordo con Tirana prevede la creazione di due cpr in territorio albanese, dove saranno accolti solo migranti salvati fuori dalle acque territoriali europee. Sul tavolo della discussione, anche gli oneri finanziari dell’operazione, ancora tutti da chiarire.

L’accordo con Tirana prevede la presenza nei due centri per migranti solo di persone tratte in salvo in acque extraeuropee

Sul tavolo dei consiglio dei ministri di questo pomeriggio, conclusosi intorno alle 18, ha tenuto banco la questione migranti e i dettagli dell’accordo con Tirana. Tra le diverse clausole, l’obbligo di far accedere ai due cpr in territorio albanese solo i migranti soccorsi nelle acque extraeuropee. Un limite imposto per aggirare le norme del diritto europeo, che possono essere applicate unicamente sul territorio o in mare europeo.

Le norme in questione avranno come conseguenza un maggiore sforzo da parte dei mezzi della Guardia costiera o della Marina militare italiana, che saranno così obbligate a viaggi più lunghi per soccorrere i migranti in difficoltà, spingendosi oltre la linea delle acque territoriali italiane. Una circostanza che non si verificava da molto tempo.

I costi dell’operazione migranti in Albania: ancora punti da chiarire

Secondo i tecnici dei vari ministeri coinvolti, l’onere finanziario di questa operazione è stato stimato intorno ai 100 milioni per il 2024 e 50 milioni per ognuno dei quattro anni successivi. Tale stima però non compare nella legge di ratifica, poiché le previsioni di spesa ammontano a circa 60 milioni.

Resta quindi da definire nel dettaglio quelli che vengono genericamente definiti i “restanti oneri del protocollo”, i costi vivi di gestione e dei trasferimenti per mare. Per arginare le spese, si prevede il ricorso a videoconferenze, al posto di spostamenti materiali, per consentire ai migranti le audizioni davanti alle commissioni d’asilo, la partecipazione alle udienze per eventuali ricorsi e forse anche ai colloqui con i propri difensori.