Davanti ai giudici della Corte d’Assise del Tribunale di Bologna, Giovanni Padovani, l’ex calciatore 27enne accusato dell’omicidio dell’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, consumatosi il 23 agosto del 2022, ha sostenuto di “essere malato” e di aver bisogno di aiuto e di cure. Il presidente Domenico Pasquariello gli aveva chiesto se fosse d’accordo a sottoporsi ad ulteriori colloqui con i periti, come richiesto dalla sua difesa per un’integrazione della perizia psichiatrica già depositata.
Omicidio Matteuzzi, le dichiarazioni di Giovanni Padovani in aula
Se me lo chiede lei presidente sono disposto a fare qualsiasi test a cui mi vogliate sottoporre. Sono alla sua completa disponibilità. Perché ho capito di essere malato, non sto bene, da solo non ce la faccio, ho bisogno del vostro aiuto, ed è anche questo il motivo per il quale avevamo chiesto di poter andare in una Rems,
ha dichiarato nel corso dell’udienza tenutasi oggi in Tribunale a Bologna Giovanni Padovani, finito in carcere con l’accusa di aver ucciso l’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, di 56. A chiedere che venisse sottoposto ad ulteriori test e a una risonanza magnetica cerebrale era stato il legale che lo difende, l’avvocato Gabriele Bordoni, secondo cui il giovane sarebbe affetto da gravi problemi di schizofrenia.
Di diverso avviso sono i periti nominati dalla Corte, Pietro Pietrini e Giuseppe Sartori, e i consulenti nominati dall’accusa, i quali pensano che Padovani sia pienamente capace di intendere e di volere e stia volutamente esagerando “i sintomi legati a patalogie mentali”, forse per ottenere uno sconto di pena.
Un quadro schizoide per definizione è caratterizzato come quello di una persona che sembra non aver alcun desiderio di relazioni strette, non ha amici e confidenti, raramente ha frequentazioni, preferisce essere solo, non ha hobby o giochi di gruppo. Non gioca a calcio, non si mette in mostra, non chiede di andare a ‘Uomini e donne’, si fa ammazzare piuttosto che andare a ‘Uomini e donne’. Questa diagnosi è ‘stridente’ con i dati di realtà,
ha ribadito Pietrini secondo quanto riporta l’Ansa, definendo sostanzialmente “inutile” l’integrazione della perizia psichiatrica voluta dalla difesa del 27enne, supportata dai consulenti Alessandro Meluzzi e Cinzia Gimelli. Dopo una camera di consiglio in effetti l’istanza è stata rigettata: ulteriore visite non modificherebbero, secondo i giudici, l’inquadramento diagnostico già dato dagli esperti.
Tra il 12 e il 24 gennaio si passerà quindi all’esame dell’imputato. Poi inizierà la discussione. Padovani è accusato di omicidio volontario pluriaggravato e rischia una condanna all’ergastolo. In carcere avrebbe già tentato il suicidio tre volte, l’ultima ingerendo del detersivo. Tramite il suo legale aveva chiesto di poter essere scarcerato e trasferito in una Rems, ma la richiesta, anche in quel caso, gli era stata rifiutata.
Come è stata uccisa Alessandra Matteuzzi
Alessandra Matteuzzi morì a pochi passi dalla sua abitazione in via dell’Arcoveggio, a Bologna, dopo essere stata colpita con un martello e con una panchina dall’ex fidanzato, che l’aveva aspettata sotto casa e poi presa di mira – in un atto che, secondo il pm, era stato premeditato – perché sospettava di esserne stato tradito.
Sembra che ne fosse ossessionato e che lei l’avesse già denunciato per stalking, ottenendo un divieto di avvicinamento. La sera dell’omicidio stava rincasando ed era al telefono con la sorella, quando si ritrovò davanti il 27enne, che al culmine di una lite – nonostante le sue richieste di lasciarla in pace – la aggredì, sotto gli occhi di diversi testimoni, intervenuti dopo aver sentito le sue urla e richieste di aiuto.
Quando i soccorsi arrivarono, Matteuzzi era ancora viva, ma poco dopo sarebbe morta. Qualche giorno prima, mettendosi in contatto con la madre dell’ex fidanzato, le aveva confessato di avere paura di suo figlio, dei suoi comportamenti, di temere non solo che potesse farle del male, ma anche che potesse arrivare ad ucciderla. “Io non voglio morire”, le aveva detto, quasi a chiederle aiuto.
Le dichiarazioni della donna, ascoltata da poco in aula, avevano scatenato non poche polemiche. Davanti ai giudici e alle parti civili, Virginia Centini, questo il suo nome, aveva infatti parlato degli atteggiamenti deliranti del figlio Giovanni, aggiungendo però che la vittima “non era matura” come pensava che fosse, visto che aveva quasi la sua età.
Il processo agli haters della vittima
Lo scorso maggio quattro persone sono finite a processo per diffamazione aggravata, per aver offeso la memoria della vittima. Sui social, commentando la notizia della sua uccisione, le avevano rivolto critiche e insulti, arrivando quasi ad additarla come “colpevole”.