Ex commercialista, da 16 anni è in carcere per l’omicidio di Vitalina Balani, consumatosi a Bologna nel lontano 2006: chi è Andrea Rossi e perché si è tornati a parlarne? L’uomo si è sempre professato innocente. Di recente il suo legale, l’avvocato Gabriele Bordoni, ha chiesto e ottenuto che il processo a suo carico venga riaperto. Ci sarebbero infatti “nuove prove” che potrebbero scagionarlo.

Chi è Andrea Rossi, il commercialista di Bologna condannato per l’omicidio Balani

L’ex commercialista ha 59 anni e da 16 è detenuto perché accusato di aver ucciso la 70enne Vitalina Balani, che insieme al marito 94enne era sua cliente. L’anziana fu trovata morta in casa, a Bologna, attorno alle 12 del 15 luglio del 2006.

A dare l’allarme erano stati la sorella e il marito, che insieme al badante la attendevano nella loro casa di Riccione per la cena della sera precedente. Inizialmente si era pensato che fosse morta a causa di un trauma cranico, forse dopo essere caduta.

Gli accertamenti però permisero agli inquirenti di arrivare a una conclusione diversa: l’autopsia rinviò la causa del decesso ad un'”asfissia meccanica acuta” dovuta a strangolamento. Andrea Rossi finì subito nel mirino di chi indagava: sembra infatti che avesse con la donna un debito di due milioni di euro.

Denaro che avrebbe dovuto investire per suo conto e che invece aveva speso. Ad incastrarlo, oltre al possibile movente, sarebbero stati diversi elementi: il fatto che tra le 13.15 e le 14.20 del 14 luglio – l’arco temporale in cui, secondo gli esperti, si era consumato il delitto -, non avesse un alibi.

E poi la strana circostanza per cui la sera stessa avesse cancellato dal suo computer numerosi file relativi a operazioni di depositi fiduciari di denaro in suo favore da parte di diversi clienti, tra cui Balani, che proprio quel giorno avrebbe dovuto incontrare, come era scritto sulle pagine di un’agenda strappate e nascoste in un dizionario, alla voce “delitto”.

La revisione del processo a carico dell’uomo

L’uomo si è sempre professato innocente. E in diversi modi, negli anni, ha tentato, insieme alla sua difesa, di dimostrare di essere estraneo ai fatti per cui sta scontando una condanna all’ergastolo. Dopo l’ok della Corte di Cassazione – che ha annullato la decisione della Corte d’Appello di Ancona – il processo a suo carico è stato riaperto per “prove nuove”.

Prove che l’avvocato di Rossi, Gabriele Bordoni, avrebbe acquisito insieme ai suoi consulenti nel corso di alcuni studi scientifici, riguardanti, in particolare, la “migrazione” delle macchie ipostatiche, i “ristagni di sangue” rinvenuti su un braccio della donna e risultati decisivi per collocare l’orario del decesso a 24 ore prima del ritrovamento del corpo.

Stando ai nuovi accertamenti, le macchie risalirebbero al massimo a 15-16 ore prima, la sera del 14 luglio e non più il pomeriggio. Orario in cui Rossi avrebbe un alibi di ferro.

La reazione di Rossi alla decisione della Cassazione

Finalmente una luce si è accesa. Proseguirò la mia battaglia tesa a rivendicare la mia innocenza, per me e per quelli che mi hanno creduto, anche se so che la strada è ancora lunga”,

avrebbe dichiarato Rossi dopo essere venuto a conoscenza della decisione della Cassazione. A riportarlo è Il Resto del Carlino. Il suo caso ricorda, per certi versi, quello di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio della 13enne Yara Gambirasio, consumatosi a Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo, nel 2010, e sempre professatosi innocente.

Di recente i suoi avvocati avevano ottenuto l’ok all’accesso ai reperti che lo avrebbero incastrato, ma per la sola visione. Hanno presentato un nuovo ricorso in Cassazione perché il loro obiettivo è arrivare anche ad analizzarli, per capire se in passato siano stati compiuti degli errori e se il loro assistito sia ingiustamente detenuto.