“Che i social siano una pistola messa in tasca a un esercito di cecchini senza il porto d’armi è cosa risaputa. Resta da capire se, oltre alla pistola, venga dato in dotazione un giubbotto antiproiettile per proteggersi dalla cattiveria. Di sicuro il signor Alberto Re quel giubbotto non lo aveva quando, dopo avere organizzato ad Agrigento un festival del cinema dall’esito fallimentare, è stato travolto dalle critiche e dai messaggi canzonatori” ha scritto Massimo Gramellini sul Corriere della Sera.
Senza regole aumenta la violenza da social
Il suicidio di Alberto Re, 78 anni, dimostra che anche un adulto può essere sconvolto dalle aggressioni via social e l’onorevole Cristiana Muscardini ha commentato: “L’abbiamo detto, lo ripetiamo e lo ripeteremo: internet senza regole e senza gli strumenti per decodificare i messaggi diventa, da strumento utile e spesso necessario, il grimaldello per entrare nelle vite degli altri, per fare del male, per contrabbandare falsità come verità, per insegnare la crudeltà”. Basterebbe che si mettesse la regola che per aprire un profilo serve un documento di identità. Occorre sapere chi c’è dietro un profilo social perché la violenza da tastiera sta aumentando e non può esistere la libertà di offendere impunemente perché, così facendo, è proprio la libertà ad essere offesa.
Stefano Bisi