Nel corso dell’esame specialistico iniziato ieri sul cuore di Alberto Rizzotto, l’autista che era alla guida del bus della strage di Mestre, gli esperti avrebbero riscontrato un’anomalia, disponendo nuovi approfondimenti. Si tratta di un dettaglio rilevante, perché potrebbe spiegare la causa dell’incidente costato la vita a 21 persone, Rizzotto compreso.

Strage del bus a Mestre, in corso accertamenti sul cuore dell’autista

L’esame cardiologico è stato affidato dalla Procura alla professoressa Cristina Basso dell’Università di Padova ed è cominciato ieri, 28 novembre, alla presenza dei consulenti nominati dalle parti. L’obiettivo è capire cosa si celi dietro la morte di Alberto Rizzotto, il 40enne che il 3 ottobre scorso era alla guida del bus della società “La Linea” caduto da un cavalcavia a Mestre dopo aver sfondato il guard rail del tratto di strada interessato, giudicato, in passato, “troppo basso e vecchio”.

L’uomo – un autista esperto, secondo i colleghi – si era accasciato improvvisamente sul volante, perdendo il controllo del mezzo, ora oggetto di perizie mirate ad accertare se non fosse malfunzionante. L’autopsia aveva escluso malori evidenti, individuando come causa del decesso la frattura del cranio causata dallo schianto seguito all’incidente.

Gli esperti di “morti invisibili” avrebbero però trovato nel suo cuore un’anomalia, disponendo maggiori approfondimenti. La relazione conclusiva dovrebbe essere depositata il 10 gennaio.

Le perizie sul mezzo incidentato e il tratto di strada interessato

L’altro interrogativo riguarda le condizioni del mezzo incidentato, il bus elettrico del colosso cinese Yutong. Gli esperti, i professori di ingegneria industriale Roberto Lot e Giovanni Meneghini, avrebbero deciso di smontare alcuni pezzi della carcassa e di analizzarli in laboratorio.

Bisognerà capire se funzionassero correttamente e avessero ricevuto un’adeguata manutenzione e se i danni riscontrati siano stati causati dall’incidente oppure fossero antecedenti e quindi all’origine di tutto. Il 5 dicembre si passerà poi all’analisi del tratto di strada interessato e in particolare del guard rail che avrebbe dovuto contenere il bus dopo l’impatto.

Tre gli indagati per omicidio stradale plurimo e lesioni

Sono tre gli indagati per la strage. Si tratta di due funzionari del Comune veneziano, Roberto Di Bussolo e Alberto Cesaro, che dirigono, rispettivamente, il settore Viabilità e Mobilità per la Terraferma e quello della Manutenzione della Viabilità Stradale e che quindi avrebbero dovuto occuparsi dei controlli sul manto stradale diventato teatro del sinistro.

Poi c’è Massimo Fiorese, l’amministratore delegato della società proprietaria del bus coinvolto. Bus che quella sera era guidato, appunto, da Rizzotto, che avrebbe dovuto accompagnare i turisti che alloggiavano in un campeggio di Marghera da Venezia fino alla struttura.

Durante la corsa il 40enne avrebbe perso il controllo del mezzo che, dopo aver urtato contro il guard rail, da molti definito una “semplice ringhiera”, era precipitato dal viadotto, facendo un volo di diversi metri e provocando la morte di 21 persone e il ferimento di 15.

Una strage, che aveva seguito di poco quella ferroviaria di Brandizzo, vicino Torino, dove cinque operai ad agosto hanno perso la vita dopo essere stati travolti da un treno mentre lavoravano alla sostituzione di alcuni binari. La circolazione non era ancora stata interrotta e loro avevano comunque ricevuto l’ok a procedere, forse affinché terminassero prima.

In nove sono indagati per la vicenda. Tra loro ci sono anche il tecnico di Rfi Antonio Massa, colui che – nonostante gli allarmi – avrebbe deciso di assumersi il rischio di far partire le operazioni nonostante i treni in arrivo su quel tratto e il caposquadra dei lavoratori, Andrea Girardin Gibin, che avrebbe potuto rifiutare le direttive, proteggendo i suoi sottoposti.

Parlavamo degli ultimi sviluppi in questo articolo: Strage di Brandizzo, gli indagati salgono a 9: “Da oggi anche altri due manager di Rfi”