BUSD è protagonista di un caso abbastanza clamoroso, l’ennesimo riguardante Binance. Quella che è stata indicata per molto tempo come la stablecoin dell’exchange fondato da Changpeng Zhao, infatti, alla fine di marzo è stata oggetto di un provvedimento restrittivo da parte del Dipartimento dei Servizi Finanziari dello Stato di New York (NYDFS). In pratica all’azienda è stato intimato lo stop alle operazioni di conio di BUSD.
Di fronte all’evolversi della situazione, proprio l’ex CEO, dimessosi dalla carica pochi giorni, dopo l’accordo con le autorità finanziarie statunitensi, ha emesso un tweet su X, affermando che BUSD non è la stablecoin di Binance. Un tweet abbastanza sorprendente, che ha però contribuito a fare un minimo di chiarezza sulla questione.
BUSD: di cosa si tratta
BUSD è una stablecoin proposta da Paxos e ancorata al dollaro statunitense. Quindi nessun algoritmo a sostenere la parità, ma il deposito di collaterale commisurato all’emissione di valuta virtuale. Quando un utente vuole acquistarne un determinato quantitativo versa il corrispettivo in dollari reali, mentre quando vuole cambiare i propri token li versa a Paxos che provvede al burn, ovvero all’eliminazione dei BUSD immettendoli in un portafogli sprovvisto di chiavi private, perciò inaccessibile a chiunque.
Il problema tra Paxos e NYDFS è nato proprio su questa questione, ovvero sulla mancanza di un reale ancoraggio dei BUSD emessi alle risorse reali messe in garanzia. Secondo Paxos doveva essere un meccanismo Proof-of-Reserves a garantire in tal senso, con due diligence periodiche a dare conferme dell’esistenza del controvalore in valuta fiat.
Il NYFDS, però, ha riscontrato come tale ancoraggio non fosse reale, intimando alla controparte di cessare immediatamente il conio di nuovi token. A questo primo annuncio ne è poi seguito un altro, emanato da Binance, che nel passato mese di settembre ha affermato di non supportare più la stablecoin. Un annuncio che, se possibile, ha sollevato ancora più confusione. Vediamo perché.
Cosa accadrà ora?
Binance USD è stato lanciato nel 2019. Come BNB si tratta di un token destinato ad essere utilizzato sull’exchange di cui porta il nome, conferendo ai suoi utenti la possibilità di godere di sconti sulle commissioni e altre agevolazioni nel corso delle loro transazioni.
Il minting, l’operazione di conio, prevede un rapporto alla pari tra valuta virtuale emessa e reale depositata a garanzia. È facile comprendere come non si tratti di una criptovaluta speculativa, bensì di servizio. Per poterci guadagnare sopra è necessario che nel tempo in cui si detiene un determinato quantitativo di BUSD il dollaro statunitense si apprezzi.
Naturalmente, però, dopo l’annuncio di Binance sulla volontà di non supportare più la stablecoin, in molti si sono chiesti cosa accadrà adesso. In effetti non è facile capirlo in assenza di chiarimenti da parte di Paxos. L’unica cosa sicura, per ora, è che chi detiene BUSD può convertirli in valuta fiat entro il febbraio del 2024.
Dopo questa data non è però dato sapere cosa potrà accadere. Proprio per questo è facile immaginare che entro quella data coloro che ancora non hanno provveduto a convertire i propri token lo faranno, per non mettere a repentaglio i propri soldi.
Le ricadute della vicenda BUSD
Quanto accaduto a BUSD, e quanto accadrà nel futuro, può essere interpretato alla stregua di una cartina di tornasole. Le stablecoin, infatti, sono da tempo nel mirino delle autorità di controllo. Quanto accaduto a Terra (LUNA) è in effetti stato troppo clamoroso per poter essere ignorato.
Anche perché proprio Binance USD ha a sua volta dato luogo a comportamenti scarsamente trasparenti, culminati poi nell’accordo che ha segnato la fine della sua avventura.
Resta ora da capire se nell’immediato futuro si arriverà ad un nuovo quadro legislativo di riferimento per tutte le stablecoin. In sua assenza episodi come quelli di Terra continueranno non solo ad agitare i sonni dei legislatori, ma anche ad alimentare la diffidenza verso strumenti che, al contrario, potrebbero riversare effetti benefici in termini di stabilità sull’innovazione finanziaria.