Elena Ceste fu uccisa dal marito Michele Buoninconti il 24 gennaio del 2014. Dal suo omicidio, consumatosi a Costigliole d’Asti, in Piemonte, sono passati quasi dieci anni. Anni di dolore, per i quattro figli e per i genitori della 37enne, Franco e Lucia, che non sono ancora riusciti a perdonare il suo assassino.
Elena Ceste uccisa dal marito a Costigliole d’Asti, le parole dei genitori a quasi dieci anni dall’omicidio
Sinceramente non ho ancora perdonato il mio ex genero. E non ci riesco. Per un genitore è dura accettare l’omicidio di una figlia. Poi, quando lui uscirà dal carcere, un domani, si vedrà. Adesso va così. Per quanto riguarda i miei nipoti, decideranno loro che cosa fare in futuro. Quando succederà, e so che prima o poi accadrà, saranno tutti grandi e in grado di scegliere come comportarsi,
ha dichiarato, in un’intervista rilasciata a La Stampa, la mamma di Elena Ceste, Lucia, in occasione dell’installazione di una panchina rossa e di una targa dedicate alla memoria della figlia in un parco di Costigliole d’Asti, dove, nel 2014, la 37enne fu uccisa dal marito.
Un simbolo contro ogni violenza. Che ci ricorda che in futuro un dramma così non deve succedere più a nessuno. Le notizie di questi giorni, di donne uccise, di ragazze ammazzate dai fidanzati, mi straziano il cuore – ha proseguito -. Mi fanno rivivere lo stesso dolore di allora. Dobbiamo aiutare il progresso, per dire basta ai femminicidi.
La donna da anni accudisce i quattro nipoti – rimasti senza la madre e senza il padre, condannato a trent’anni per l’omicidio e oggi detenuto in Sardegna – insieme al marito, il papà di Elena, Franco, che al quotidiano ha confessato di non riuscire ancora a spiegarsi come il suo ex genero possa essere arrivato a tanto.
La ricostruzione dell’omicidio di Elena Ceste
Era il 24 gennaio del 2014. Una giornata iniziata come tante altre, per la famiglia di Elena Ceste. Il marito, Michele Buoninconti, era uscito di casa per accompagnare i figli a scuola. Lei, Elena, era rimasta sola: dei vicini, poco dopo le 8, l’avevano vista nel giardinetto di fronte all’abitazione di famiglia, a maniche corte, come se fosse uscita solo per un attimo. Poco dopo sarebbe scomparsa nel nulla.
Rincasato, il marito ne avrebbe denunciato la sparizione. Agli inquirenti avrebbe raccontato di un presunto disagio psicologico vissuto dalla moglie, dicendo che era stata lei stessa a raccontargli di essere “stata tradita da una persona amica”. Come sarebbe stato scoperto più avanti, si trattava di vani tentativi di depistaggio.
L’uomo l’aveva uccisa e stava cercando di far credere a tutti che la donna, a causa di indefiniti problemi, avesse deciso di abbandonare marito e figli volontariamente, per scomparire. Perché afflitta da problemi psicologici. Il 18 ottobre di quell’anno il corpo di Elena fu trovato in evidente stato di decomposizione nel canale di scolo di un campo non molto distante dall’abitazione di famiglia.
L’autopsia, le indagini, il processo a carico di Buoninconti
L’autopsia stabilì che la causa del decesso della 37enne fosse da rinviare ad asfissia. Non sarebbe mai stato stabilito se da soffocamento o strangolamento. All’indomani del ritrovamento del corpo la Procura iscrisse Buoninconti nel registro degli indagati: era chiaro a tutti che non avesse rivelato la verità su quanto accaduto a gennaio.
A inizio 2015 fu arrestato e successivamente rinviato a giudizio. La Corte d’Assise d’Appello di Torino, confermando la sentenza emessa in primo grado, lo condannò a 30 anni di carcere. Condanna poi diventata definitiva nel 2018. Nelle motivazioni i giudici scrissero che la sua colpevolezza era l’unica possibile lettura da dare allo svolgimento dei fatti.
Buoninconti avrebbe ucciso la moglie e ne avrebbe occultato il cadavere costruendosi un alibi e tentando di depistare le indagini. Lui, dal canto suo, si è sempre dichiarato innocente. La sua difesa ha cercato, negli anni, di dare una risposta alternativa alla morte di Elena, sostenendo che fu lei, in preda a una crisi psicotica, a raggiungere – nuda – il luogo in cui fu ritrovata, dove, per nascondersi “ai suoi fantomatici persecutori”, morì assiderata. Tesi che, giuridicamente, non è mai stata creduta attendibile.
Potrebbero interessarti i seguenti articoli: Chiara Gualzetti: l’omicidio, l’autopsia, il processo al killer 16enne. La storia e L’omicidio di Yara Gambirasio a Brembate di Sopra: un caso unico nel suo genere.