Cos’è il Victim blaming? Si tratta di un fenomeno che consiste nell’attribuire la responsabilità di un crimine alla vittima che lo ha subito.

Purtroppo è un meccanismo psicologico molto frequente e generalmente è relativo alle violenze sulle donne.

Sono infatti numerosissime le testimonianze di ragazze o di donne in età adulta oggetto di offese, vessazioni di vario genere, maltrattamenti o percosse che riportano come il proprio compagno ritenesse di avere ragione nel suo comportamento e che la responsabilità fosse da imputare alla vittima stessa. 

Il victim blaming è una pratica che non si limita alle mura domestiche. Non è raro infatti lo stesso meccanismo si instauri in un ambiente di lavoro.

La vittima in questione è allo stesso modo ritenuta colpevole dei soprusi subiti e i colleghi o il superiore si sentono pienamente legittimati ad adottare questo comportamento. 

Cos’è il Victim blaming: come si innesca questo meccanismo

Attraverso il victim blaming l’uomo esercita il proprio dominio su una donna.

Questa viene pertanto oggettificata e ritenuta un naturale possesso di colui che infligge violenza fisica o psicologica.

Spesso la donna viene vessata con insulti accompagnati a frasi tipiche che mortifichino il suo stato d’animo e la facciano sentire colpevole. Secondo l’uomo che applica questo meccanismo, la causa dei soprusi fisici o mentali sono unicamente da attribuire alla vittima stessa. Dal suo subdolo punto di vista, il carnefice sta operando per il meglio manifestando un predominio naturale.

Il processo è così profondo che intacca le sicurezze della vittima. Quando il victim blaming viene perpetrato a lungo, la donna arriva di fatto a convincersi di essere responsabile delle ingiurie subite. 

Si attiva perciò un processo mentale in cui la vittima pensa che sia giusto incassare insulti verbali o percosse fisiche. Via via il carattere della donna diventa sempre più succube del suo carnefice. Nei casi più gravi la donna può anche giudicarsi completamente inadeguata nel ruolo di compagna, di madre o nelle attività lavorative.

Il soggetto è pertanto plagiato e prova un profondo senso di vergogna. Se inizialmente il carattere della donna può spingersi fino ad una ribellione, con il passare del tempo il victim blaming esercita un potere di accettazione nella vittima che finisce per non far valere più i propri diritti.

Origini e significato

Il primo a parlare espressamente di victim blaming fu lo scrittore e psicologo statunitense William Ryan. Il suo libro, dal titolo “Blaming the victim” pubblicato nel 1971, era infatti una critica alle precedenti teorie sulla formazione di ghetti, in cui si attribuiva la responsabilità della povertà ai comportamenti delle vittime stesse.

William Ryan descriveva il victim blaming come un modo semplicistico di affrontare le situazioni di sopruso. Attribuire la colpa alla vittima è infatti più facile da elaborare per l’artefice della violenza piuttosto che convivere con il senso di colpa delle terribili azioni inflitte.

Il pensiero venne poi esteso anche in ambito giuridico specie a sostegno delle donne vittime di stupro accusate di aver istigato il crimine subito.

Vittimizzazione secondaria

Il fenomeno del victim blaming può produrre un secondo meccanismo: la vittimizzazione secondaria. Con questo concetto, la donna vittima di un sopruso o di una violenza non solo è ritenuta responsabile dal carnefice ma anche dall’opinione pubblica.

La ricostruzione dei fatti esposta dalla vittima è così messa in discussione anche da persone estranee alla vicenda che arrivano a schierarsi a favore del vero responsabile. 

È infatti facile riscontrare commenti a proposito degli indumenti indossati o dell’assunzione di bevande alcooliche che giustifichino uno stupro.

La vittima così rivive il trauma e viene sempre più posta in una condizione psicologica soffocante.

Il soggetto può facilmente cadere in una spirale di depressione, di annientamento dell’autostima, di disturbi psicosomatici e nelle situazioni più gravi commettere suicidio.

Sono diversi i casi poi in cui la donna non denuncia quanto subito o addirittura arriva a ritirare le accuse avanzate perché non si sente appoggiata da nessuno.