Quella appena trascorsa è stata la prima notte in carcere a Verona per Filippo Turetta, accusato di aver ucciso con “inaudita ferocia” l’ex fidanzata Giulia Cecchettin dopo averla sequestrata. Quando è arrivato, a bordo di una Lancia scura, dopo essere atterratto a Venezia su un Falcon 900 dell’Areonautica militare, scortato dai carabinieri, indossava una tuta e, secondo il suo legale, appariva “provato e disorientato”.

Filippo Turetta, prima notte in carcere a Verona dopo l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin

La direttrice del carcere Montorio, che l’ha incontrato per l’espletamento delle varie procedure previste al momento dell’ingresso nella struttura detentiva, incluse quelle che riguardano le visite mediche, ha riferito di averlo trovato “tranquillo”. Secondo l’avvocato di fiducia Giovanni Caruso (l’unico, dopo la rinuncia all’incarico di quello nominato d’ufficio, Emanuele Compagno), era “in condizioni accettabili, ma molto provato”.

Non siamo entrati nel merito di quanto accaduto. Comprenderete che di fronte a una vicenda così drammatica e tragica c’è stato anche un primo momento di conoscenza reciproca, indispensabile sia sul piano tecnico che su quello umano,

ha riferito ai giornalisti. E ha aggiunto:

È adeguatamente assistito e protetto in un carcere di grande sicurezza, anche dal punto di vista della sorveglianza contro eventuali situazioni che potrebbero degenerare.

Il riferimento è al timore che il giovane possa compiere atti autolesionistici – come aveva detto di voler fare agli agenti tedeschi che lo avevano fermato dopo una folle fuga durata una settimana – oppure che finisca nel mirino di altri detenuti, per leggi non scritte che regolano la vita carceraria.

In cella, per motivi di sicurezza, si trova insieme a un uomo che ha compiuto reati altrettanto gravi, in un’area isolata dagli altri detenuti. Martedì 28 novembre sarà interrogato dal gip Benedetta Vitolo. Poi, come da prassi, sarà trasferito in un reparto protetto e potrà anche incontrare i suoi genitori, che avrebbe già chiesto di poter vedere.

Martedì l’interrogatorio di garanzia davanti al gip

Davanti al giudice per le indagini preliminari Filippo Turetta potrebbe decidere di parlare oppure di avvalersi della facoltà di non rispondere, restando in silenzio. Per ora è accusato di omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo e sequestro di persona, ma non è escluso che gli saranno contestati anche il reato di occultamento di cadavere, e altre aggravanti, quella dei motivi abietti, ma soprattutto quella della premeditazione, che comporta l’ergastolo.

Esiste infatti la possibilità che avesse pianificato tutto, dal delitto alla fuga. Nella sua auto, quando è stato fermato, c’erano circa 300 euro in contanti, un paio di guanti, una sim prepagata e un coltello da cucina. Oggetti quantomeno sospetti, insieme allo scotch rinvenuto sulla scena del crimine, acquistato solo 48 ore prima dell’omicidio e usato, probabilmente, per impedire alla vittima di urlare.

Ci si chiede se non li avesse portati con sé perché aveva già pensato a cosa fare. Sembrerebbe dimostrarlo anche il fatto che il pomeriggio in cui incontrò Giulia passò, facendo una deviazione, proprio nella zona di Fossò, come se stesse compiendo un sopralluogo.

La ricostruzione del femminicidio

Nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Turetta, il gip aveva parlato di un omicidio “disumano”, consumatosi in due atti “di inaudita ferocia”. Dopo essere stata sequestrata, Giulia Cecchettin sarebbe stata aggredita dal giovane prima a circa 150 metri di distanza dalla sua abitazione di Vigonovo, dove un uomo aveva detto di averli visti litigare animatamente in auto e poi nella zona industriale di Fossò, dove gli inquirenti, nel corso delle ricerche, avevano trovato tracce di sangue e di capelli.

Sembra che continuasse a vederlo, nonostante la fine della loro relazione, perché ne era ricattata emotivamente: lui cioè la costringeva ad incontrarlo con la minaccia che se si fosse allontanata lui si sarebbe ucciso. Lo aveva confessato alle amiche in un audio che secondo una conoscente di Turetta era un “grido d’aiuto”. Sperava che potessero darle un consiglio su come liberarsi di lui senza fargli del male. Non poteva immaginare che sarebbe stato il contrario.