Alberto Scagni sta scontando una condanna a 24 anni e 8 mesi per l’omicidio della sorella Alice, consumatosi il primo maggio del 2022 a Quinto, in provincia di Genova. Qualche settimana fa nel carcere di Marassi era stato aggredito dal compagno di cella.

A Sanremo, dove era stato trasferito dopo la prima aggressione, due detenuti di origine maghrebina lo hanno trattenuto per ore in cella, massacrandolo di botte. Un fatto gravissimo, tanto più se si considera che, essendo stato giudicato seminfermo di mente, il 42enne avrebbe avuto diritto a una maggiore sicurezza. Ne abbiamo parlato con il legale che lo difende, l’avvocato Mirko Bettoli.

Alberto Scagni aggredito in carcere, l’intervista all’avvocato Mirko Bettoli

Le condizioni di salute di Alberto Scagni

Avvocato, come sta il suo assistito?

È in coma farmacologico, quindi è impossibile sentirlo e vederlo. È intubato, in terapia intensiva, in rianimazione, attaccato a un respiratore e sedato. Questo è il quadro clinico, che resterà invariato sino a lunedì. Questa mattina ho parlato con il primario del reparto e mi aspetto un aggiornamento per questo pomeriggio. Le sue condizioni comunque sono stabili.

La ricostruzione delle aggressioni in carcere

Ha avuto modo di ricostruire l’aggressione?

Ricostruire l’accaduto è impossibile, se non tramite i comunicati che sono usciti dai sindacati la mattina dopo, perché la richiesta fatta a mezzo pec all’istituto di Sanremo è rimasta lettera morta. Anche loro dovranno fare un accertamento interno, ma è sintomatico il fatto che Scagni era già stato aggredito in carcere a Marassi il 14 di ottobre.

Siamo andati nell’immediatezza, il 17 di ottobre, alla matricola, per chiedergli di avere una relazione; c’era stato detto che per prassi interna c’era bisogno di 20 giorni, perché 10 giorni erano per gli accertamenti e 10 per predisporre la relazione, e che avremmo dovuto fare una richiesta a mezzo pec. Al ventunesimo giorno, come da indicazione avuta dal carcere, abbiamo fatto la richiesta di accesso agli atti. Era il 6 novembre. Ad oggi, 25 novembre, non ho ancora avuto un riscontro in merito alla prima aggressione nonostante una richiesta formale.

È stato Alberto a parlarcene. Sarebbe stata posta a suo carico da un compagno di cella che era già stato trasferito da altre strutture proprio perché violento, non proprio il compagno ideale, quindi, per una persona che è stata dichiarata malata. Se la finalità era quella di portarlo a Sanremo per metterlo in sicurezza, direi che il nostro sistema carcerario evidentemente ha qualche problema. A breve verrà disposto un sopralluogo da parte del garante nel carcere di Sanremo. Se fosse stato isolato non si sarebbero verificati i fatti che si sono verificati.

La questione dell’isolamento e i prossimi passi

Alberto avrebbe dovuto essere in isolamento, quindi?

Andava detenuto compatibilmente alle sue condizioni di salute. Non è da isolamento nel senso tecnico del termine, non gli è stato applicato l’isolamento, non è stato mai chiesto e non l’ha quasi mai avuto, se non nella fase iniziale. Nel primo periodo era ristretto nel reparto psichiatrico perché doveva fare delle terapie, poi è stato spostato nei reparti normali, a Marassi.

Il trasferimento a Sanremo, che non c’è stato neanche comunicato (la mamma era andata a consegnargli dei capi di abbigliamento e le è stato detto che Scagni non era più lì, che da qualche giorno si trovava a Sanremo), avrebbe avuto la finalità di farlo stare tranquillo. Direi che non ci sono riusciti.

Come vi muoverete adesso?

Abbiamo inviato un esposto alla Procura di Imperia, segnalando i gravi fatti che si sono verificati, è partito questa mattina. Prima di tutto bisogna cercar di capire le condizioni di Alberto, poi faremo tutte le valutazioni del caso.

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