È successo ancora. Un’altra vita preziosa ed innocente è stata strappata dai suoi cari, a poco più di vent’anni, per mano di chi diceva di amarla, quella di Giulia Cecchettin che ha spezzato il cuore dell’Italia intera e non solo, se consideriamo l’omaggio che le ha tributato la Presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola tuonando il monito di farla finita con la cecità istituzionale verso i femminicidi.

Caso Giulia Cecchettin e abbassamento dell’età dei femminicidi

La situazione è molto preoccupante, e la tragica vicenda di Giulia lo conferma, per via dell’abbassamento dell’età degli autori e delle vittime di violenza di genere, cui sottende una tossicità delle relazioni tra i ragazzi che, come denuncio da anni, si è esacerbata, motivo per il quale lo stesso allarme è stato lanciato anche da organi istituzionali.

Nella trasmissione “AAA stabilità cercasi”, è risuonato come un grido l’interrogativo della giornalista Livia Ventimiglia e del conduttore Simone Lijoi: Perché?

Perché aumenta la violenza di genere tra i giovani?

Il fenomeno è complesso e ad eziologia multipla, ovvero vi concorrono simultaneamente più cause che interagiscono sistemicamente a determinare quella tempesta perfetta sulla donna che è la violenza di genere:

  • 1) La cultura del narcisismo, che è il pilastro delle società occidentali, neoliberiste e globalizzate come ha preconizzato quarant’anni fa il Prof. Christopher Lasch, che ha determinato la promozione di tratti narcisistici nella personalità fin dalla prima infanzia in modo che i bambini competano, per apprendere ad accaparrarsi in futuro, risorse sempre più scarse, riservate quindi, a sempre meno persone. Ciò ha determinato, nel tempo, dei legami di attaccamento madre – bambino perturbati che possono essere all’origine di comportamenti oggettificanti dell’altro, privi di empatia e connotati da controllo ed invidia distruttiva. Possono, sottolineo, perché il narcisismo si colloca lungo un continuum che va da sano a patologico sino a maligno, se sono presenti tratti antisociali e paranoia.
  • 2) Gli stili educativi inadeguati, nel nostro Paese prevalentemente quelli iperprotettivo e permissivo, che facilitano uno sviluppo disarmonico sino al patologico nel bambino per via delle regole che o vengono abbandonate dai genitori stessi al primo accenno di disagio nei figli, o sono incredibilmente concordate con loro e neanche fatte rispettare, o del tutto assenti. Per non parlare dei “no che aiutano a crescere” che non vengono detti e la sanzione censurata perchè percepita come un orpello obsoleto. Queste modalità hanno fatto sì che venissero su dei ragazzi sprovvisti del senso del limite e di quello della responsabilità delle proprie azioni, abituati ad essere accontentati in tutto e divenuti dunque gravemente intolleranti alle frustrazioni, per cui al primo rimprovero di una insegnante o rifiuto di una ragazza possono rispondere con un agito violento o covando a lungo una rabbia impotente frammista ad invidia che può esitare in una dinamica tragica, come quella del femminicidio di Giulia Cecchettin.
  • 3) L’eclissi della figura del padre portatore e garante a livello non solo simbolico della regola, ma soprattutto modello di identificazione diretta del figlio maschio che dovrebbe impartire una iniziazione alla mascolinità e una educazione all’affettività che nella realtà odierna, in troppi casi, ha finito col disinteressarsi della vita dei figli dopo la separazione, oppure quando è fisicamente presente, risulta più infantile di loro, incarnando le fattezze tanto attuali del Peter Pan. Tale “adulto” esprime dunque un maschile fragile, senza volto, allergico alle responsabilità e dall’egocentrismo puerile che mal digerisce l’emancipazione della donna di cui si vendica col disimpegno e/o manifestando comportamenti tossici, configurandosi al contempo quale pessimo esempio per i figli.
  • 4) Abbandono educativo dei figli da parte di genitori travolti dalla corsa all’accaparramento di beni e posizioni in una società piena di disuguaglianze, crocifissa sull’altare del consumismo.
  • 5) Stereotipi di genere di derivazione patriarcale cui aderisce quasi il 50% della popolazione adulta (dati Istat 2023) per cui, citandone solo alcuni:

a) la donna può sottrarsi ad un rapporto sessuale non voluto, negando di fatto la possibilità dello stupro (39,3% del campione)
b) per l’uomo, più che per la donna, è importante avere successo nel lavoro (20,4% dei casi)
c) gli uomini sono meno adatti delle donne a svolgere faccende domestiche (21,4% del campione)
e così via, determinando la trasmissione disgraziata di un pensiero retrivo e misogino di derivazione patriarcale alle nuove generazioni.

Dati allarmanti

Ma considerando i soli stereotipi di genere sulla violenza della popolazione adulta, ci si chiarirà dinanzi agli occhi la base di ciò che è accaduto a Giulia Cecchettin e a tante troppe ragazze e donne prima di lei: il 2,3% del campione ritiene accettabile che un ragazzo schiaffeggi la fidanzata se questa civetta con un altro, il 4,3% che possa scappare uno schiaffo ogni tanto nella coppia e il 16,1% dei giovani fino a 29 anni che un uomo controlli abitualmente il cellulare e l’attività sui social della moglie e/o compagna.


Si comprende facilmente poi perché i ragazzi immersi e cresciuti in questa mentalità si comportino in modo controllante, coercitivo e violento con le fidanzate ed in tal senso si spiega anche la banalizzazione di comportamenti violenti, persino dopo un atto tragico come la soppressione raccapricciante di una giovane vita innocente, descrivendo chi li ha posti in essere come un “bravo ragazzo”.


In tale quadro, conforta, almeno in parte, la diminuzione delle percentuali relative agli stereotipi di genere, rispetto alla analoga rilevazione compiuta nel 2018, il che dimostra come le campagne di sensibilizzazione e l‘operato degli esperti stiano producendo effetti positivi.


Ci si auspica quindi che migliori il quadro fosco emerso nella ricerca di Ipsos per Save the Children del 2020, in cui quasi il 70% delle ragazze dichiarava di aver subito molestie in luoghi pubblici, quasi una su tre rivelava di essere stata palpeggiata e il 54% si percepiva svantaggiata per il genere cui appartiene.
Comunque, è innegabile la presenza di uno strisciante pensiero misogino nella nostra società e di pericolose incrostazioni di derivazione patriarcale nella mentalità dei giovanissimi che sta determinando un abbassamento dell’età di vittime ed autori di violenza di genere, come ci mostra la cronaca e rilevato dagli organi istituzionali.


Si deve prendere atto di tutti questi fattori scatenanti se si vuole arrestare il fenomeno della violenza contro le donne, perché l’unica via per uscirne è agire capillarmente e preventivamente sui diversi livelli e allora realmente potremo procedere senza sacrificare altre vite innocenti e con soddisfazione di tutti verso la parità di genere.


Alexia Di Filippo – Psicologa dello Sviluppo ed Educazione e Psicoterapeuta