Basato su 15 milioni di fondi europei del PON, il Ministro Giuseppe Valditara ha presentato il 22 novembre il progetto “Educare al rispetto“: una direttiva inviata a tutte le scuole secondarie di secondo grado che potranno decidere se coinvolgere i propri studenti e professori in 30 ore extracurriculari su temi come il maschilismo, le conseguenze delle molestie sulle donne e la cultura patriarcale.

Ci sono tante questioni che il Valditara sembra non aver considerato alla presentazione del progetto ed uno in particolare ha colpito l’attenzione di tanti: perché le associazioni pro vita, solitamente non interessate ad avere l’educazione sessuale a scuola, è stata coinvolta insieme ad altre associazioni?

Il ministro ha detto:

È la prima volta che in Italia viene fatto un esperimento di questo genere, affrontando di petto il problema del maschilismo e della violenza psicologica.

Peccato che il tutto, come in altre occasioni, rischi di restare lettera morta

Quali sono le associazioni pro via che faranno parte del progetto “Educare al rispetto”

Continuano a non placarsi le critiche e le polemiche sul nuovo progetto annunciato pochi giorni fa dal Ministro per l’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. “Educare al rispetto“, rivolto alle scuole secondarie di secondo grado e con moduli di discussione di 30 ore, non è obbligatorio e riguarderà attività extracurriculari e legate al consenso dei genitori.

Questo progetto, nato per stessa ammissione di Valditara sull’onda emotiva degli stupri di Palermo e Caivano (oltre naturalmente all’omicidio di Giulia Cecchettin), è quindi un’attività non obbligatoria e che non inficerà minimamente sul percorso scolastico degli studenti e delle studentesse. I docenti coinvolti nel progetto saranno formati in base a un programma messo a punto con l’Ordine degli Psicologi.

C’è però un aspetto che, leggendo il programma di “Educare al rispetto”, sta cominciando ad essere scrutinato con attenzione: il coinvolgimento delle associazioni pro vita nel contesto dell’educazione all’affettività e della violenza sulle donne. Tutto nasce dal coinvolgimento del Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola (Fonags), organismo nato nel 2002 con il compito di fare da tramite fra il mondo della scuola e le famiglie degli alunni.

Un universo eterogeneo quello del Fongas, che va da “Agedo – Associazione di genitori, parenti, amiche e amici delle persone LGBT+” ad “Agesc – Associazione genitori scuole cattoliche“, dalle “Famiglie Arcobaleno” al “Moige – Movimento italiano genitori“. Come nella direttiva emanata a tutte le scuole si legge che

Per consentire il necessario coinvolgimento nel progetto anche delle associazioni delle famiglie è potenziata l’attività, presso il ministero dell’Istruzione e del Merito, del Fonags (Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola) incardinato presso la Direzione generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico. Al Fonags è attribuito il compito di raccordare le modalità di attuazione dei percorsi progettuali concernenti l’educazione alle relazioni con le esigenze e le osservazioni migliorative delle rappresentanze dei genitori.

Il problema delle associazioni pro vita nel progetto “Educare al rispetto”: un modo per combattere l'”ideologia gender”?

Molte delle associazioni che fanno parte del Fongas hanno saputo del loro coinvolgimento solo dalla conferenza stampa di presentazione di “Educare al rispetto” tenuta da Valditara insieme ai colleghi Roccella e Sangiuliano. Un preavviso nullo che ha lasciato interdetti molti rappresentanti, che pure fanno riferimento a sensibilità e ad obiettivi diversi.

Se non è passata la linea del PD che chiedeva una vera e propria “educazione alla sessualità” aperta al maggior numero di indirizzi scolastici possibili, la linea Valditara tocca un livello minimo ma importante. Come si legge nel primo articolo del progetto:

Al fine di rafforzare l’impegno verso un’azione educativa mirata alla cultura del rispetto, all’Educazione alle relazioni e al contrasto della violenza maschile sulle donne, il ministero dell’Istruzione e del Merito promuove la realizzazione nelle scuole di progetti, percorsi educativi, attività pluridisciplinari e metodologie laboratoriali destinate, in particolare, agli studenti delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado del sistema nazionale di istruzione.

Nessun riferimento a “teorie radicali” o che, lette nell’ottica del governo di centrodestra, sembrerebbero una concessione a modelli affettivi, relazionali e di famiglia diversi da quelli che ritengono “naturali”. Il problema principale che si aprirà a breve è questo: che peso avranno le associazioni pro vita nell’orientare le discussioni fra studenti e professori? Andranno ad incidere sugli argomenti che quest’ultimi affronteranno? Decideranno di usare le classi per parlare degli argomenti a loro più cari?

Domande a cui sembra rispondere Jacopo Coghe, antiabortista e portavoce del forum Pro VIta & Famiglia:

È vergognoso che politici come Zan, Cirinnà e Schlein cerchino di strumentalizzare i recenti fatti di cronaca per sponsorizzare l’educazione affettiva nelle scuole. Pensano di prevenire la violenza di genere confondendo ancor di più bambine e bambini, ragazze e ragazzi sulla loro identità sessuale e sulla sana relazione tra uomini e donne, andando così ad aumentare proprio i problemi alla base di questi raccapriccianti fatti. Non solo non esiste alcun nesso tra la cosiddetta fantomatica ‘educazione affettiva’ nelle scuole e la diminuzione delle violenze contro le donne, ma nei Paesi in cui la si impartisce da decenni tali violenze sono addirittura aumentate. L’educazione affettiva in salsa relativista e arcobaleno non solo non è la soluzione del drammatico problema, ma è parte del problema stesso. Un indottrinamento martellante che purtroppo trova conferme e terreno fertile in alcune amministrazioni locali, che spingono per introdurre la Carriera Alias e il gender nelle scuole.

Nel progetto promosso da Valditara però manca ogni riferimento alla Carriera Alias o al “gender” e manca soprattutto un altro fattore che può essere oggetto di critica: la mancanza del coinvolgimento delle associazioni studentesche e di quelle che si occupano della violenza sulle donne. Come ha detto Sabrina Frasca, responsabile dell’area formazione della onlus Opzione Donna:

L’intento di lavorare sulla violenza contro le donne a scuola è condivisibile, ma il dispositivo è parziale. Non solo perché lasciato alla volontarietà, ma perché la formazione dei docenti è affidata a Indire e all’Ordine degli psicologi senza prevedere le professionalità di chi lavora quotidianamente con le vittime di violenza. Noi associazioni riteniamo che la violenza di genere sia un prodotto e un problema culturale, qui mi sembra la si voglia schiacciare sulla psicologia, come fosse una questione di devianza o la sanità mentale.

Scaricare, insomma, sulle spalle degli insegnanti questo compito così importante non solo aggrava il lavoro di cui si fanno già carico, ma potrebbe replicare le strutture sessiste che una cultura patriarcale ha instillato negli anni in tante persone.