Il successo della tecnologia blockchain passa anche dalla sua integrazione nel mondo delle imprese. Per cercare di favorirla nel corso degli ultimi anni alcune società operanti nel settore hanno varato soluzioni che cercano di facilitarla al massimo.

Tra quelle che si sono fatte notare in tal senso, una menzione particolare spetta a Ontology, una piattaforma pubblica che è stata varata nella rete NEO e finalizzata alla creazione di progetti. Il suo obiettivo di fondo è il lancio di un sistema di sicurezza in grado di agevolare lo scambio e l’elaborazione di dati in assoluta sicurezza.

Ontology: di cosa si tratta

Ontology è stata creata da Jun Li, co-fondatore di Onchain, che si è avvalso dell’operato di alcuni esperti del settore per lanciare la blockchain nel 2017.

A differenza di altre aziende che hanno debuttato nello stesso periodo, Li ha deciso di restare alla larga dalla forma prevalente di finanziamento rappresentata dall’Initial Coin Offering, probabilmente per non incappare nelle ire del governo di Pechino, apertamente contrario a questo genere di operazioni. Ha invece optato per la donazione di token nativi ONT a coloro che si sono iscritti alla mailing list della newsletter.

Una volta lanciato il progetto, Ontology è stata quindi condotto a termine il collegamento della piattaforma con la blockchain di NEO che, a sua volta, ha deciso di dare il suo contributo allo sviluppo dell’azienda regalando ONT a tutti coloro che già possedevano i suoi token.

Infine, nel marzo del 2018 la società è stata quotata ufficialmente sui mercati finanziari, mentre la tokenomics veniva precisata con l’indicazione dell’offerta massima, limitata ad un miliardo di esemplari. I token, però, non possono essere minati, ma devono essere acquistati per le operazioni interne alla blockchain.

Come funziona Ontology

Ontology vede la presenza di due token nel suo ecosistema, ovvero: ONT e ONG. Se il primo rappresenta la valuta principale, il secondo è invece l’utility token per i servizi della blockchain. La sua creazione è stata successiva al varo della mainnet e in pratica funge da premio per tutti coloro che rendono possibile sicurezza ed efficienza del sistema.

Per riuscire a capitalizzare al meglio il proprio operato e ricavare i token collegati alle transazioni, chi gestisce questi processi può a sua volta cercare di accrescere il grado di fidelizzazione degli utenti incoraggiandone l’attività all’interno della rete.

La blockchain di Ontology è a sua volta in grado di validare circa 1000 transazioni al secondo (TPS). Il fatto di essere stata costruita su NEO gli consente inoltre di dare luogo ad un sistema di sicurezza che fa leva sull’utilizzo di supercomputer per impedire che i dati siano decodificati da non autorizzati.

È anche compatibile con blockchain pubbliche e private, facilitando il suo utilizzo da realtà diverse intenzionate a stabilire una proficua collaborazione tra di loro.

Nell’ecosistema creato, ad agevolare la scalabilità è lo sharding, ovvero la frammentazione della rete in entità più piccole, dette appunto shard, che elaborano le transazioni senza fare ricorso all’intera catena. I frammenti presenti in Ontology sono quattro.

Il meccanismo di consenso è invece VBFT (Variable Byzantine Fault Tolerance), un algoritmo ottenuto mixando prova di partecipazione, VFT e Byzantine Fault Tolerance. La sua adozione consente di risolvere vari problemi, tra cui quelli relativi alla sicurezza.

Prospettive per il futuro

Ontology presenta notevoli caratteristiche tecniche, a partire dall’adozione dello sharding e del meccanismo di consenso VBFT. Inoltre si rivolge al mondo delle imprese, proponendosi di agevolarne le interazioni con la tecnologia blockchain.

Al momento si trova al 172° posto nella classifica di settore, indice di un mancato decollo definitivo del progetto. Secondo molti analisti il mancato boom deriva dal fatto che si tratta di una blockchain cinese, ovvero di un Paese che non si dimostrato molto propenso verso queste genere di soluzioni tecnologiche.

Proprio il fatto di non essere un token speculativo, bensì di servizio, potrebbe però facilitarne la crescita nel futuro. Soprattutto nel caso in cui crescesse il numero di realtà commerciali intenzionate ad avvalersi di soluzioni tecnologiche sempre più avanzate.