Edoardo Bove sta vivendo il suo sogno ad occhi aperti, partendo dalla Boreale fino ad arrivare a quella Roma da sempre bramata sin da quando ha indossato i primi scarpini da calcio. Perchè quel “cane malato” tanto amato da Josè Mourinho è sempre stato così, determinato a crescere, sempre più avanti con la testa rispetto all’età che dimostrava.

Lo sa il presidente della Boreale, Leandro Leonardi, che lo ha visto crescere ad una velocità impressionante. Tutto è partito da lì, da quella squadra che gli ha permesso di capire cosa volesse dire impegno e costanza, per poi abbracciare le giovanili della Roma fino alla prima squadra.

Un percorso naturale dato ciò che ha da sempre mostrato in campo per il presidente Leonardi, che in esclusiva a Tag24 ha voluto raccontare quell’Edoardo Bove che oggi emoziona la Roma e un popolo intero.

Bove, una vita di corsa con la Roma nel destino. Il presidente della Boreale Leonardi: “La testa è sempre stata da grande. Lo volevano tutti”

Se Edoardo Bove è riuscito a raggiungere la Roma dei grandi lo deve grazie alla sua immancabile forza di volontà secondo il presidente della Boreale Leandro Leonardi, che adesso ammira quel bambino diventato uomo.

D: Presidente, ma Edoardo ha sempre avuto questa testa?

R: “Si, assolutamente. Per dire, lui ha fatto tutte le scuole stando un anno avanti, per far capire il tipo. Ed è riuscito a unire gli impegni calcistici a quelli didattici. Sta alla Roma ma studia anche alla Luiss. Per farlo devi avere una bella testa. Per quanto riguarda il campo, da piccolo non faceva solo calcio ma anche tennis, non si fermava un attimo. Questo a sottolineare come fosse sempre equilibrato”.

D: Come ha conosciuto la famiglia?

R: “La mamma lavora in ufficio con me, Edoardo l’ho visto nascere e crescere praticamente. Già a due anni calciava, e già aveva una super coordinazione. Si vedevano già le potenzialità, nonostante fisicamente fosse un po’ indietro rispetto agli altri, era il più piccolo di tutti almeno fino 14 anni. Ma questo non l’ha fermato, dato che poi ha recuperato da quel punto di vista. Che poi contava fino a un certo punto, dato che da noi alla Boreale tutti si fermavano a guardarlo giocare, la dice lunga su quanto fosse bravo”.

D: Lei quando ha capito che il calcio sarebbe stata la sua strada?

R: “Quando era piccolo già lo pensavo, aveva una tecnica e coordinazione pazzesche oltre che la grinta, le promesse erano ottime. Poi come tutti ha avuto alti e bassi come gli infortuni che possono essere degli ostacoli, ma lui non ha mollato fino ad arrivare alla primavera della Roma, e nonostante l’anno sfortunato (per la frattura al piede) Mourinho lo ha visto e non ha avuto dubbi su di lui”.

Un presente a mille con sguardo al futuro

Per Edoardo Bove questo è solo l’inizio, la Roma l’ha conquistata e adesso vuole diventare un punto fermo, anche perchè “ha margini di crescita pazzeschi” afferma il presidente della Boreale Leandro Leonardi.

D: È sempre stato un cane malato così come dice Mou?

R: “Si, ha sempre avuto grande determinazione, ma la mano di Mourinho si vede. Ha permesso a Edoardo di crescere. Nel settore giovanile era determinato, ma era più tecnico dinamico, questo fuoco agonistico gliel’ha trasferito il mister. Lui è una persona molto empatica”.

D: Ci racconta un episodio curioso di Edoardo durante i suoi trascorsi nella Boreale?

R: “Era un bambino quadrato, non ci sono stati particolari episodi. C’è una storia carina però: siamo andati a fare un torneo a Sorrento. Il padre è di Napoli, dunque Edoardo è rimasto lì qualche giorno in più. Lì una squadra che avevamo incontrato doveva fare un altro torneo nei giorni successivi e lo hanno “ingaggiato” per farlo giocare con loro, perché all’epoca era stato il miglior giocatore del torneo, nonostante avesse solo nove anni.

D: Edoardo ha dietro una famiglia di sani principi

R: “Hanno avuto un ruolo fondamentale. Andare tutti i giorni a Trigoria è dura, specie se per tanti anni. Sacrifici ce ne sono stati, loro non si sono mai tirati indietro, infondendo sempre principi sani. Hanno lavorato molto su questo, cercando di non rendere il calcio come l’unica ragione di vita per Edoardo, perché nonostante tutto magari le porte potevano non aprirsi. Ma alla fine ce l’ha fatta, e adesso può solo che salire”.