La pensione di reversibilità è un trattamento pensionistico rivolto ai familiari superstiti in caso di morte del coniuge e nel testo andremo a spiegare come funziona nel 2023.

Si tratta di un diritto del coniuge o della persona unita civilmente con un cittadino deceduto titolare di pensione Inps. La cifra è variabile anche in base alla situazione reddituale degli stessi. Viene erogata in base alla percentuale di quella spettante al soggetto deceduto.

Nel testo, oltre a spiegare di cosa si tratta e come funziona, vediamo a chi spetta il 100% dell’importo.

Cos’è e come funziona la pensione di reversibilità

La pensione di reversibilità è un diritto che spetta, appunto, ai familiari superstiti di un deceduto, ai quali garantisce una rendita mensile.

Per maturare il diritto ad ottenere la pensione di reversibilità o indiretta si devono rispettare alcune condizioni.

La pensione di reversibilità è dovuta in caso di decesso del titolare di una pensione diretta. La pensione indiretta, invece, spetta nel caso in cui il titolare di diritto deceduto aveva maturato almeno 15 anni di assicurazione e di contribuzione, ovvero 5 anni di anzianità assicurativa e contributiva. Almeno tre anni, devono riferirsi al quinquennio precedente la data del decesso.

La pensione di reversibilità viene erogata in base a delle specifiche aliquote. La reversibilità cambia in base alla presenza o meno di figli a carico.

Quali sono le aliquote con o senza figli?

  • Coniuge senza figli: aliquota del 60%
  • Coniuge con un figlio: aliquota all’80%.
  • Coniuge con due o più figli: aliquota al 100%.

Quindi, la reversibilità con aliquota al 100% spetta al coniuge con due o più figli. Può anche accadere che la pensione venga corrisposta solo ai figli, quando sono gli unici eredi del soggetto deceduto.

Ci sono altri casi in cui spetta al 100%:

  • Tre o più figli;
  • Sette o più fratelli o sorelle.

A chi spetta la pensione di reversibilità

Abbiamo già anticipato che la pensione di reversibilità spetta principalmente al coniuge, ai figli ed equipollenti, che alla morte del pensionato o dell’assicurato alla gestione Inps, non siano diventati maggiorenni. In riferimento ai maggiorenni, sono previsti altri requisiti per poter beneficiare dell’importo mensile.

A chi spetta?

  • Il coniuge o l’unito civilmente, in quanto vedova o vedovo;
  • Il coniuge separato;
  • Il coniuge divorziato titolare dell’assegno divorzile;
  • Figli ed equiparati minorenni alla data del decesso;
  • Figli inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso;
  • Figli maggiorenni studenti presso scuole o corsi di formazione, che non prestino attività lavorativa fino al 21esimo anno d’età;
  • Figli maggiorenni studenti universitari, che non prestino attività lavorativa, fino al 26esimo anno d’età.

La pensione di reversibilità non spetta al coniuge separato o divorziato superstite convolato a nuove nozze.

Come si calcola

L’importo dell’assegno della pensione di reversibilità varia in base ad alcuni fattori legati, per esempio, agli anni di lavoro svolto o al tipo di attività, ma anche in relazione al reddito del beneficiario. Influiscono sull’assegno anche i contributi versati dal deceduto.

Sottolineiamo che la pensione di reversibilità viene riconosciuta immediatamente nel caso in cui il deceduto era già pensionato, ma il discorso è diverso quando il coniuge defunto ancora lavorava.

In questo secondo caso, si parla di pensione di reversibilità indiretta e il lavoratore defunto deve aver maturato almeno uno dei seguenti requisiti:

  • Almeno 15 anni di contribuzione già versati, ovvero 780 contributi settimanali nel caso di lavoratore autonomo;
  • Almeno 5 anni di contribuzione e assicurazione o 260 contributi settimanali per i liberi professionisti. Gli ultimi tre anni di contributi devono essere stati versati nei cinque anni di lavoro prima della morte.

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