Il 22 novembre 2003 segnò una svolta storica in Georgia con la Rivoluzione delle Rose. Durante il discorso inaugurale di Eduard Shevardnadze, presidente della Repubblica di Georgia, l’opposizione guidata da Mikheil Saak’ashvili irruppe in parlamento, costringendolo alla fuga e alla successiva dimissione. Shevardnadze, ex ministro degli Esteri di Mikhail Gorbachev, aveva guidato la Georgia dal crollo dell’URSS, ma il suo governo era segnato da corruzione e stretti legami con la Russia.
La Rivoluzione delle Rose in Georgia e il cambio di potere
Il 22 novembre 2003, un momento cruciale per la Georgia vide Saakašvili e i suoi sostenitori interrompere il parlamento con rose in mano, simbolo della loro protesta pacifica. Questo atto portò alle dimissioni di Shevardnadze, inaugurando una nuova era politica e sociale in Georgia, segnata dalla festa di San Giorgio.
La Rivoluzione delle Rose, così denominata per il simbolico uso delle rose da parte dei manifestanti, rappresentò un momento cruciale per la Georgia. Nel gennaio 2004, Saak’ashvili del Movimento Nazionale Unito (MNU) vinse le elezioni presidenziali, ponendo fine al lungo dominio di Shevardnadze e inaugurando una nuova era di riforme e orientamento pro-occidentale.
Dopo la dichiarazione di indipendenza dall’Unione Sovietica nell’aprile 1991, la Georgia aveva infatti affrontato numerosi problemi: economia in crisi, corruzione diffusa e tensioni separatiste. Shevardnadze, pur avendo portato stabilità, non riuscì a risolvere questi problemi, conducendo a un crescente malcontento popolare.
Eduard Shevardnadze, ex primo segretario del partito in Georgia e ministro degli Esteri dell’URSS, aveva un profilo consolidato nella politica sovietica e internazionale. Tuttavia, la sua presidenza in Georgia fu offuscata da problemi di corruzione e criminalità. Al contrario, Saakašvili emerse come un riformatore, portando una ventata di cambiamento e orientamento pro-occidentale, nonostante le controversie che lo avrebbero seguito.
La rinascita politica dopo la Rivoluzione delle Rose
La Rivoluzione delle Rose, evento chiave nella storia moderna della Georgia, fu un simbolo potente di cambiamento. Guidata da Mikheil Saak’ashvili, questa rivoluzione pacifica portò alla caduta del presidente Eduard Shevardnadze nel 2003. Il nuovo governo, con una visione riformista, si concentrò su cinque obiettivi chiave: legalità, riforme politiche, decentralizzazione del potere, ripresa economica e sicurezza nazionale. Queste riforme furono attuate attraverso l’arresto di politici corrotti, tagli fiscali, privatizzazioni e un orientamento più europeo.
Nonostante i progressi iniziali, la Rivoluzione delle Rose non portò solo successi. Con il tempo, emersero limiti significativi. Le promesse di rinnovamento economico e giudiziario rimasero in gran parte inattuate, mentre il governo di Saak’ashvili fu criticato per un approccio monopartitico e la mancata attuazione di riforme democratiche essenziali.
Ascesa e declino di Mikheil Saak’ashvili: riformatore controverso
Saak’ashvili emerse come un leader carismatico e riformatore, ma anche controverso. Il suo primo governo (2004-2008) fu segnato da un attivismo riformatore, combattendo la corruzione e migliorando l’economia. Tuttavia, le accuse di violazioni dei diritti umani e di autoritarismo offuscarono il suo operato.
Inoltre, le relazioni della Georgia con la Russia si deteriorarono rapidamente durante il governo di Saak’ashvili, culminando nel conflitto militare del 2008 per le regioni separatiste di Abcasia e Ossezia del Sud.
Le proteste antigovernative, insieme alle critiche per la gestione del conflitto con la Russia, indebolirono significativamente la posizione di Saak’ashvili.
Insomma, Mikheil Saak’ashvili, figura centrale della Rivoluzione delle Rose, ha giocato un ruolo determinante nella storia recente della Georgia. Come avvocato specializzato in diritti umani e leader politico, ha rappresentato il cambiamento e la speranza per un paese alla ricerca di rinnovamento. La sua carriera politica, che ha incluso la vittoria schiacciante nelle elezioni presidenziali del 2004, è stata segnata da alti e bassi, tra cui l’emigrazione in Ucraina, accuse di corruzione e una condanna in contumacia in Georgia.
Mikheil Saak’ashvili, infatti, fu rieletto nel 2008 e lasciò il potere nel 2013 per trasferirsi in Ucraina, dove sostenne il presidente Petro Porošenko. Tuttavia, dopo essere stato accusato di corruzione e espulso dall’Ucraina, Saak’ashvili divenne apolide e fu successivamente incarcerato in Georgia. La sua figura rimane controversa: eroe della rivoluzione per alcuni, criminale per altri.
Nel 2012, il partito Sogno Georgiano guidato dal miliardario Bidzina Ivanishvili vinse le elezioni parlamentari, proponendo una politica più equilibrata tra Occidente e Russia, pur mantenendo l’orientamento pro-occidentale del paese. Tuttavia, la politica interna ed estera della Georgia rimane complessa, con sfide continue nell’ambito dei diritti umani, della democrazia e dell’integrazione europea.
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L’eredità della Rivoluzione delle Rose e la situazione attuale in Georgia
Oggi, a quasi due decenni dalla Rivoluzione delle Rose, i risultati sono misti. La Georgia ha compiuto passi significativi verso l’identità nazionale e la stabilità politica. Tuttavia, le sfide alla democrazia e alla costruzione dello stato rimangono evidenti. La fragilità delle istituzioni democratiche post-sovietiche è ancora una realtà in Georgia, dove le pratiche di gestione del dissenso ricordano quelle del regime che la Rivoluzione delle Rose cercava di superare.
La piazza della Rivoluzione delle Rose a Tbilisi simboleggia la memoria di questi eventi storici, sebbene il ricordo sia ormai celebrato principalmente dagli attivisti del MNU.