Il 23 novembre 1980, l’Italia meridionale fu colpita da un devastante terremoto, noto come il Terremoto dell’Irpinia. Con una magnitudo di 6.9, questo evento sismico si annovera tra i più gravi nella storia recente dell’Italia, avendo lasciato una scia di distruzione e dolore.

Terremoto dell’Irpinia: cosa accadde il 23 novembre 1980

Alle 19:34 di quella sera, una potente scossa sismica scuote l’Appennino meridionale, in particolare le regioni di Campania e Basilicata. Il sisma, che durò oltre un minuto, causò immensi danni: 3.000 vittime, 10.000 feriti, 75.000 abitazioni distrutte e 275.000 danneggiate.

Le province di Avellino, Salerno e Potenza furono le più colpite. Comuni come Calitri, Bisaccia, Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi e molti altri sperimentarono la totale devastazione. La risposta iniziale all’emergenza fu caotica, segnata da ritardi e mancanza di coordinamento. La tragedia, infatti, rimase inizialmente sottovalutata, causando ritardi nei soccorsi e lasciando vittime sepolte tra le macerie per giorni.

La risposta di Pertini e l’emergenza nazionale

Il Presidente Sandro Pertini, con un messaggio televisivo, esortò all’unità e alla solidarietà, denunciando i ritardi nei soccorsi. La gestione dell’emergenza migliorò con la nomina di Giuseppe Zamberletti come Commissario straordinario, che riorganizzò i soccorsi e instaurò un dialogo con i sindaci locali.

Le caratteristiche del disastroso terremoto dell’Irpinia

Il terremoto dell’Irpinia non fu caratterizzato da un’unica scossa, ma da una serie di eventi sismici forti, con un valore sulla scala Mercalli pari al nono grado (a differenza della scala Richter che valuta la magnitudo e quindi l’energia sprigionata dal sisma nel punto di frattura), la scala Mercalli misura i danni su persone, materiali e cose). Le scosse sismiche secondarie, con magnitudo tra 6.4 e 6.6, aggravarono ulteriormente la situazione.

Localizzare con precisione il terremoto fu difficile, data la scarsità di strumentazione sismica all’epoca. La stazione sismica più vicina era quella dell’Osservatorio Vesuviano, situata a circa 77 km dall’epicentro.

Contrariamente alle prime ipotesi, il terremoto dell’Irpinia del 1980 non fu innescato da una faglia compressiva, tipica delle zone di collisione tra due placche tettoniche. La sorpresa emerse quando i dati raccolti rivelarono che il sisma fu di origine estensionale. Sebbene l’Appennino sia il risultato dello scontro di placche a scala macroscopica, localmente presenta comportamenti estensionali, responsabili di grandi terremoti in Italia, come quello dell’Aquila nel 2009 e Amatrice nel 2016. L’area geologica dell’Appennino meridionale è caratterizzata da un complesso sistema di faglie, come riportato nel database DISS dell’INGV.

Le conseguenze a lungo termine e la ricostruzione post-sisma

Questo tragico evento portò a una riflessione sulla necessità di un sistema di protezione civile più efficace in Italia. Di conseguenza, nel febbraio 1982, venne istituito il Dipartimento della Protezione Civile, migliorando notevolmente la gestione delle emergenze sismiche future.

Inizialmente, i soccorsi furono gestiti da autorità locali e volontari, poiché, come già scritto, all’epoca la Protezione Civile non era un ente strutturato. Con il passare dei giorni, l’intervento statale si intensificò, portando sul posto migliaia di militari e aiuti internazionali. Furono allestite tende e vagoni ferroviari per gli sfollati, che successivamente vennero trasferiti in strutture più adeguate per l’inverno imminente.

Negli anni seguenti il terremoto, furono stanziati fondi significativi per la ricostruzione. Tuttavia, vent’anni dopo il sisma, molti abitanti continuavano a vivere in alloggi provvisori, dimostrando che il processo di ricostruzione non era ancora completato. Il terremoto dell’Irpinia portò a una profonda riflessione sulla necessità di un coordinamento efficace dei soccorsi in situazioni di emergenza.

Come già accaduto per il Belice (1968) e il Friuli (1976), e poi successivamente accadrà per l’Abruzzo (2009) e l’Emilia Romagna (2012), anche per il terremoto dell’Irpinia del 1980 fu introdotta un’accise della benzina, che allora era di 75 lire al litro (0,03873 euro/l).