Alessandra Galea ha un vizio totale di mente. A stabilirlo è stata la perizia psichiatrica che il giudice per le indagini preliminari aveva richiesto nei suoi confronti dopo l’omicidio del convivente Fausto Baldoni a Fabriano, in provincia di Ancona. La donna, 49 anni, non potrà quindi andare a processo. La stessa sorte era toccata alla sorella gemella Consuelo, che nel 2014 aveva ucciso la madre, venendo assolta perché riconosciuta totalmente incapace di intendere e di volere.

Omicidio Baldoni a Fabriano, resi noti i risultati della perizia psichiatrica su Alessandra Galea

I fatti risalgono al 3 giugno scorso. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, Galea avrebbe ucciso Fausto Baldoni, di 63 anni, colpendolo alla testa e al corpo con un oggetto contundente, una lampada al sale che si trovava tra la camera da letto e il corridoio dell’abitazione in cui i due convivevano in via Castelli, a Fabriano.

Poi si sarebbe allontanata dalla scena del crimine, raggiungendo i figli fuori Regione. Agli inquirenti che l’avevano fermata col sospetto che fosse coinvolta nella morte dell’uomo aveva riferito di non essersi neanche accorta dell’accaduto. Poi aveva ritrattato, sostenendo di averlo colpito dopo un tentativo di approccio sessuale.

Il 63enne la ospitava da tempo all’interno della sua casa. Ma i suoi familiari, ascoltati subito dopo i fatti, avevano detto che ne aveva paura: temeva che la donna gli facesse del male, che lo avvelenasse. Per questo aveva tolto di mezzo tutti i coltelli (una storia che ricorda molto quella di Peter e Laura, uccisi dal figlio Benno Neumair a Bolzano).

Secondo l’esperto che l’ha visitata, Galea sarebbe affetta da una grave forma di schizofrenia paranoidea e sentirebbe addirittura delle voci. Quando colpì il 63enne a Fabriano non era capace di intendere e di volere, quindi, né lo sarebbe adesso, per stare a processo. Con ogni probabilità verrà assolta, come la sorella gemella Consuelo, che per l’omicidio della madre Maria Bruna Brutti, consumatosi nel 2014, fu riconosciuta totalmente incapace di intendere e di volere.

Cosa succede in caso di incapacità totale di intendere e di volere

Tra 20 giorni lo psichiatra Luciano Secchiaroli dovrà anche pronunciarsi sull’eventuale pericolosità sociale della 49enne, che attualmente è detenuta nel carcere di Villa Fastiggi a Pesaro, che ospita anche Michael Alessandrini, il 30enne arrestato in Romania ed estradato per l’omicidio dell’amico Pierpaolo Panzieri, consumatosi lo scorso febbraio.

Anche nei suoi confronti si sta discutendo molto sulla capacità di intendere e di volere. Si tratta di una questione fondamentale, da accertare ogni qualvolta si ritenga che l’imputato di un reato possa aver agito “inconsapevolmente” – senza rendersi conto, cioè, del valore delle proprie azioni – perché affetto da disturbi o sindromi di natura psichica (e incapace di controllarsi).

Nei casi in cui si riscontri, come per Galea, la sussistenza della totale incapacità, l’imputato non può essere condannato. È l’articolo 85 del Codice penale italiano a prevederlo, recitando:

nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere.

Quando invece chi ha commesso un reato al momento dei fatti era parzialmente capace di intendere e di volere può essere condannato, ma con pene ridotte. L’eccezione che conferma la regola riguarda la pericolosità sociale.

Qualora il soggetto sia ritenuto incapace di intendere e di volere (parzialmente o totalmente), ma socialmente pericoloso, dovrà sottostare comunque a una misura di sicurezza, detentiva (per esempio la libertà vigilata) o non detentiva, come il ricovero in una casa di cura.

Se ne parlerà molto anche in relazione all’omicidio di Giulia Cecchettin. Tra le ipotesi al vaglio della difesa di Filippo Turetta, che presto sarà riconsegnato all’Italia dalla Germania, c’è infatti quella di richiedere una perizia psichiatrica. “Può essere utile”, ha riferito l’avvocato Compagno.