Secondo i giudici della Suprema Corte di Cassazione, non capendo l’italiano, Finnegan e Hjort non potevano sapere di trovarsi di fronte a un carabiniere quando, la notte del 26 luglio 2019, si macchiarono dell’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. È ciò che si legge nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici hanno annullato la condanna emessa in Appello e deciso di riaprire il processo di secondo grado a carico dei due imputati, entrambi di nazionalità americana.

Omicidio Cerciello Rega, le motivazione della sentenza della Cassazione che riapre il processo

La sentenza era stata emessa lo scorso marzo. I giudici della Corte di Cassazione avevano annullato le condanne a 24 anni e 22 anni riconosciute in Appello a Lee Elder Finnegan e a Natale Hjort, accusati rispettivamente di omicidio volontario aggravato e concorso in omicidio aggravato, disponendo, nei loro confronti, un nuovo processo di secondo grado.

Ciò che si legge nelle motivazioni, depositate nelle scorse ore, potrebbe portare a un vero e proprio colpo di scena. La Suprema Corte ritiene infatti che non sia dimostrato “al di là di ogni ragionevole dubbio”, il fatto che gli imputati, non capendo la lingua italiana, avessero “compreso di essersi venuti a trovare, in quei drammatici frangenti, di fronte a due carabinieri”.

In pratica andranno ridiscusse le circostanze aggravanti. Se dovessero cadere, le pene per i due americani sarebbero da riqualificare.

La ricostruzione del delitto

I fatti risalgono al 26 luglio 2019. A fare da sfondo alla tragedia sono le vie di Trastevere, a Roma. Lee Elder Finnegan e Natale Hojrt hanno 18 e 19 anni. Si trovano nella Capitale per le vacanze. Per le strade romane si imbattono in due spacciatori e, pensando di acquistare della cocaina, si ritrovano in possesso di medicinali polverizzati.

Una truffa, insomma. Per vendicarsi rubano lo zaino dell’amico del pusher. L’idea è quella di dargli appuntamento per uno scambio: lo zaino in cambio della droga e del denaro. Ai due dicono di presentarsi in via Pietro Cossa, nel quartiere Prati. Quando gli americani arrivano, però, ad aspettarli trovano due carabinieri in borghese e senza pistola d’ordinanza: Mario Cerciello Rega e il collega Andrea Varriale.

Questi ultimi, come da prassi, si identificano. Finnegan e Hjort forse non capiscono e, spaventati, li attaccano. È il primo ad accoltellare Cerciello Rega. Gli sferra ben 11 colpi in circa 30 secondi, mentre l’altro resta a guardare, senza fermarlo. Poi insieme scappano. Vengono arrestati, quando il 35enne è già morto tra le braccia del collega, nell’hotel in cui alloggiano, dopo essere stati identificati.

Le condanne in primo e in secondo grado

Sia in primo che in secondo grado i due ragazzi sono stati condannati perché, secondo i giudici, avrebbero accoltellato l’uomo pur essendo a conoscenza del fatto di trovarsi davanti a un carabiniere e quindi di non essere in pericolo. Si dava per scontato, in pratica, che la parola “carabiniere”, pronunciata da Cerciello Rega e dal collega, fosse comprensibile ai due perché “di rilievo”.

Secondo la Corte di Cassazione non si può escludere il contrario e cioè che i due non l’abbiano capita.

Nell’affrontare il tema del concorso di Natale Hjorth nel delitto di omicidio pluriaggravato materialmente commesso da Elder, la Corte di Assise di appello di Roma è incorsa in alcune ‘’insuperabili incongruenze motivazionali messe lucidamente in rilievo dalla difesa’,

si legge nelle motivazioni, rese note dall’Adnkronos. Intanto dal carcere uno dei due ragazzi ha fatto sapere di “non essere un assassino”, indirizzando una lunga lettera alla vedova del carabiniere, che insieme agli altri familiari si è costituita parte civile.

Ne parlavamo in questo articolo: Omicidio Cerciello Rega, la lettera dal carcere di Hjorth alla vedova del carabiniere: “Non sono un assassino”. In questo, invece, ripercorrevamo una vicenda parallela: Omicidio Cerciello Rega, condannato il maresciallo che bendò in caserma uno dei killer.