E che c… Ma che, “davero” (come si dice a Roma), credevate che terminato finito la frase? Non vogliamo mica provocare, qui. Non siamo mica sullo scranno in Senato di Antonio Guidi (romano) di Civici d’Italia – Noi moderati, che dice di aver usato l’espressione per provocare. E non siamo nemmeno uno di quei passeggeri del treno Torino-Salerno che, contrariamente a quanto cantava Francesco De Gregori (romano), si ferma. Ma a Ciampino. E per il ministro Francesco Lollobrigida (romano nato a Tivoli), che “i treni dovrebbe farli arrivare puntuali”, ironizza troppo facilmente qualcuno. Tutto questo per dire che ieri è passata in archivio una giornata strana, che ha rievocato due simboli della romanità come Giuseppe Gioacchino Belli e il Marchese del Grillo ed è per questo che tra parentesi specifichiamo l’appartenenza territoriale.
La strana giornata del senatore Guidi e del ministro Lollobrigida tra… il Belli e il marchese del Grillo
Cos’è successo con Guidi? A Palazzo Madama, in un’aula semivuota, si discute il ddl contro la violenza di genere. La lucina rossa del microfono del senatore comincia a lampeggiare proprio quando lui dice:
Ma non dà coraggio a milioni di donne sapere che per la prima volta c’è un presidente del Consiglio donna? E c***o, ma come si fa a negare la realtà?
La senatrice del Pd Anna Rossomando (torinese), in quel momento a presiedere, ferma tutto. E da qui segue trascrizione completa:
Rossomando: “Senatore Guidi, naturalmente anche per lei i termini usati in aula non sono quelli che possiamo usare al bar. Questo vale per tutti. [Guidi prova a protestare] No, su questo… epiteto che lei ha usato chiudiamola qui”.
Guidi: “Se permette, ho usato provocatoriamente un simbolo fallico“.
Rossomando: “Guardi, per lei come per tutti i senatori e le senatrici, la lingua italiana, per provocare anche sotto il profilo del simbolo fallico, le offre una possibilità tendente all’infinto. La mia censura rimane”.
Da qui in poi, come fa a non tornare in mente quella poesia? Sì, quella poesia intitolata “Er padre de li santi” di Giuseppe Gioacchino Belli. Il quale da ieri ha una ragione in più, dal suo monumento, per guardare dall’alto in basso il traffico di Trastevere.
Il treno fatto fermare dal ministro: qualcuno ha citato il marchese del Grillo, perché?
Per il suo marchese Onofrio del Grillo, il regista Mario Monicelli (romano) si ispirò invece a un nobile romano vissuto nella seconda metà del diciottesimo secolo. E non è dato sapere – ma è altamente improbabile, considerando la rete ferroviaria e i mezzi di locomozione dell’epoca… – che abbia fermato un treno all’altezza di Ciampino, per salire su un’auto blu.
E allora perché il ministro dell’Agricoltura viene accusato di essersi comportato come Alberto Sordi (romano) nei panni del mitico marchese? I più sboccati risponderanno senza tentennamenti per via della frase: “Io so’ io e voi nun zéte un c…”
Ma ora, a ben rifletterci, ci sentiamo un po’ in colpa, perché abbiamo iniziato e finito un articolo con una parolaccia, padre de li santi ma pur sempre politically uncorrect. Il lettore ci scuserà, ma con le provocazioni non siamo tanto bravi.