Si è tenuta nelle scorse ore l’udienza di convalida del fermo di Angelo Sfuggiti, il 70enne accusato dell’omicidio della moglie a Fano. Per la Procura c’è il rischio che l’uomo, attualmente ricoverato, possa reiterare il reato o farsi del male: quando sarà dimesso verrà quindi trasferito in carcere. Il medico legale incaricato ha intanto effettuato l’autopsia sul corpo della vittima, Rita Talamelli, di anni 66.

Omicidio di Fano, convalidato l’arresto per Angelo Sfuggiti

Nonostante l’assenza di Sfuggiti in udienza, il giudice per le indagini preliminari Giacomo Gasparini ha comunque deciso di convalidarne il fermo, riservandosi di ascoltarlo quando sarà dimesso dall’ospedale San Salvatore di Pesaro, dove si trova a causa di una grave intossicazione da barbiturici.

Lo scorso 20 novembre li aveva assunti in grande quantità per vegliare sul corpo della moglie che un istante prima aveva ucciso nell’abitazione di famiglia in via Montefeltro, a Fano. A dare l’allarme dopo aver trovato il suo corpo senza vita in camera da letto era stato uno dei figli della coppia, preoccupato di non ricevere loro notizie.

Sembra che la donna, di 66 anni, fosse gravemente malata. Forse per il marito la situazione si era fatta insostenibile. In passato l’uomo avrebbe già tentato il suicidio. Ecco perché, secondo la Procura, non potrà restare agli arresti domiciliari. Il legale che lo assiste, l’avvocato Paolo Di Loreto, ha chiesto di indirizzarlo verso una struttura ospedaliera dove possa essere curato e controllato.

I risultati dell’autopsia sul corpo di Rita Talamelli

Nella giornata di ieri il medico-legale incaricato ha intanto effettuato l’autopsia sul corpo della vittima. Stanto ai primi risultati, Sfuggiti avrebbe colto la moglie Rita Talamelli di sorpresa, strangolandola con un foulard mentre lei era di spalle, probabilmente in cucina.

Dopo il delitto ne avrebbe trascinato il corpo in camera da letto, distendendolo sul pavimento e coprendolo con un asciugamano. Lui stesso, a quel punto, si sarebbe sdraiato, dopo aver assunto dei medicinali. Probabilmente sperava di togliersi la vita.

All’arrivo dei soccorritori, allertati dal figlio della coppia, era vigile: stando a quanto riporta il Resto del Carlino parlava e indicava la moglie, come a voler spiegare ciò che aveva fatto. Avrà la possibilità di farlo non appena i medici che lo hanno in cura lo riterranno opportuno.

Tra gli elementi su cui dovrà fare chiarezza, oltre al movente, c’è quello della premeditazione: gli inquirenti si chiedono se non sia possibile che avesse programmato tutto, preparando il foulard usato per uccidere la donna con cui era sposato ben prima di sorprenderla alle spalle.

Quando il movente del delitto è la malattia

Succede spesso che gli omicidi consumatisi in ambito familiare abbiano come movente la malattia, della vittima oppure del carnefice. Si pensi alla vicenda che a Latiano, in provincia di Brindisi, ha coinvolto il 32enne Mirco De Milito, che il 24 ottobre scorso ha ucciso la madre e ferito il padre, togliendosi la vita.

Tutti e tre avevano problemi di salute. Lui, in particolare, era stato da poco sottoposto a dei delicati accertamenti clinici. Forse vedeva nella morte l’unica via di uscita a una vita di sofferenze. Lo stesso motivo per cui a Bardi, in provincia di Parma, un uomo di 82 anni a inizio ottobre ha sparato alla moglie Eleonora Muzi, di 83, per poi rivolgere l’arma contro sé stesso e uccidersi.

Si tratta di drammi familiari che affondano le loro radici in situazioni particolarmente difficili da gestire e che alla fine, per la loro pesantezza, finiscono per travolgere chi le vive.

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