Cos’è la malattia del cervo zombie? Sale la preoccupazione per il primo caso di questa patologia segnalato all’interno del parco di Yellowstone.

Nelle scorse ore infatti gli addetti alla cura della riserva naturale hanno individuato e recuperato una carcassa di cervo che presentava i segni della malattia. Il timore è che altri esemplari della stessa specie possano aver contratto la patologia e che dunque possa diffondersi anche su ampia scala.

Come si manifesta la malattia? Ci sono rischi di trasmissione per gli esseri umani?

Cos’è la malattia del cervo zombie: caratteristiche generali

La patologia del cervo zombie è scientificamente conosciuta come malattia del deperimento cronico, o anche con l’acronimo inglese CWD.

Così come la tubercolosi bovina colpisce determinati animali, questa sindrome colpisce gli esemplari della famiglia dei cervidi adulti compresi tra i 3 e 5 anni di vita. Si tratta di un’encefalopatia spongiforme molto simile a quella bovina più nota come “sindrome della mucca pazza”.

La malattia del cervo zombie è letale e porta alla morte del capo infetto entro 8 mesi dalla presentazione dei primi sintomi. Sebbene il nome caratterizzi unicamente il cervo come specie colpita, questa sindrome può attaccare anche altri esemplari della stessa famiglia, come alci, caribù o renne.

Questa sindrome appare maggiormente diffusa nel Nord America, ma è la prima volta che si osserva un caso all’interno del parco di Yellowstone.

La patologia venne per la prima volta isolata nel 1967 in Colorado. Solo nel 1978 si capì però che fosse riconducibile all’encefalopatia spongiforme e che fosse trasmissibile tra esemplari della stessa specie. La paternità della scoperta è attribuita alla veterinaria di fauna selvatica Elizabeth Storm Williams.

La dottoressa statunitense infatti aveva condotto una ricerca approfondita analizzando le carcasse di cervi e alci morti a seguito della malattia finora sconosciuta.

I cadaveri presentavano molte similitudini con le lesioni provocate dalla sindrome della mucca pazza. Arrivò perciò a concludere che anche la CWD fosse legata da una simile causa e che attaccasse tutti gli animali della famiglia dei cervidi.

Diffusione e causa

La successiva analisi dimostrò che la patologia fosse diffusa in molti capi, sia in libertà che in cattività, appartenenti al Canada e agli stati settentrionali degli Stati Uniti.

Nel 2018 la stessa malattia è stata osservata anche in alcune renne selvatiche in Norvegia e nel 2019 in alci della Finlandia e Svezia. Più recentemente la sindrome del cervo zombie si è presentata anche in Corea del Sud, causata dall’importazione di alcuni capi già infetti dal Canada.

La causa della patologia del cervo zombie è un prione, ossia un’anomalia nella configurazione di una specifica proteina. La forma mal ripiegata di questa proteina trasmette un diverso meccanismo di conversione della sostanza. Si arriva pertanto all’accumulo dell’enzima associato che non riesce ad essere codificato.

Il malfunzionamento innesca così l’encefalopatia spongiforme che attacca cervello e sistema nervoso fino ad indurre il decesso. La malattia infatti è una neurodegenerazione diffusa irreversibile.

Sintomi e trasmissibilità

La CWD si manifesta con una notevole perdita di peso e cambiamenti comportamentali. Proprio l’estrema magrezza, correlata poi ad atteggiamenti innaturali per l’animale, è la principale motivazione del soprannome e della nomenclatura ufficiale della malattia.

L’esemplare affetto da malattia del deperimento cronico mostra poi svogliatezza, testa e orecchie in posizione cadenti, tremori, andamento irregolare e con cambi di direzione repentino, eccessiva salivazione, digrignamento dei denti, anomalo nervosismo e diminuzione all’interazione con altri capi della specie.

Generalmente i sintomi si palesano nell’arco dei primi 15 mesi di vita ma esistono situazioni in cui la sindrome rimane latente per anni.

La malattia è altamente contagiosa tra esemplari della stessa specie, sia per contatto diretto sia per quello indiretto con il prione responsabile attraverso le feci disperse nella vegetazione. Alcuni studi hanno poi evidenziato come ci sia il rischio di trasmissione a primati non umani se cibati con carne di cervo infetta.