Cos’è l’ayahuasca? Si tratta di un infuso che contiene sostanze psicotrope originario dell’Amazzonia e spesso utilizzato in diversi riti spirituali e culturali.
Solitamente questa bevanda è molto simile al tè e si ottiene mescolando alcune parti di Banisteriopsis caapi e di Psychotria viridis, due arbusti che al loro interno contengono sostanze stupefacenti.
La pianta di Psychotria viridis, in particolare, contiene N,N-dimetiltriptamina, anche conosciuta come dmt, ovvero una sostanza allucinogena ritenuta abbastanza potente. Per fortuna però il nostro fegato è in grado di metabolizzarla e neutralizzarne velocemente gli effetti che può avere sul nostro organismo.
Con l’aggiunta della Banisteriopsis caapi, anch’essa ricca di sostanze psicotrope, che contiene armalina e armina, si riescono comunque ad inibire gli enzimi epatici della bevanda.
Negli scorsi giorni il nome di questa sostanza è rimbalzato su varie testate giornalistiche come il “Corriere della Sera” che ha riportato la notizia della conferma del Consiglio di Stato sulla decisione del Tar di introdurre, in Italia, questa bevanda ufficialmente tra le droghe.
A seguito della decisione infatti l’ayahuasca non potrà più essere usata neanche durante i riti religiosi dove viene per lo più utilizzata.
Cos’è l’ayahuasca: l’origine
Questa miscela naturale con effetti stupefacenti ha origine dalla tradizione dei popoli dell’Amazzonia che la usano principalmente per scopi religiosi e spirituali.
Durante i riti è quasi sempre lo sciamano, esperto nel maneggiare le sostanze e preparare gli infusi che gestisce l’esperienza di chi vi partecipa. In questo modo lo sciamano funge da guida nel viaggio e veglia sull’incolumità delle persone che assumono questa bevanda tutelandone la salute.
Il consumo di questa sostanza con il tempo si è diffuso anche in altre zone del mondo, sia a scopo ricreativo sia all’interno di culti religiosi.
Anche in Italia sono presenti alcune comunità, le stesse che hanno anche presentato il ricorso contro la decisione del Consiglio di Stato, che usano proprio questo infuso per la celebrazione dei sacramenti.
Gli effetti
Per capire cos’è l’ayahuasca è bene sapere che l’uso e il consumo di questo infuso provoca degli effetti sul nostro sistema nervoso centrale, infatti può alterare lo stato di coscienza anche per alcune ore, a seconda della quantità ingerita e può provocare allucinazioni, euforia e anche paura, ansia o paranoia.
In pratica tutti quegli effetti che vengono descritti come esperienze extracorporee.
In alcuni casi l’utilizzo di ayahuasca può provocare anche effetti collaterali fortunatamente non gravi e non permanenti come vomito e diarrea.
Si possono inoltre, verificare anche un aumento del ritmo cardiaco e della pressione sanguigna, che rischiano di mettere in pericolo chi soffre di disturbi cardiovascolari.
Da non sottovalutare anche le interazioni che questa sostanza può avere con determinati farmaci come alcuni antidepressivi o legati alla malattia di Parkinson.
Il consumo è infine anche sconsigliato per le persone che soffrono di disturbi psichiatrici come la schizofrenia proprio perché gli effetti allucinogeni dell’ayahuasca potrebbero aggravarne i sintomi.
Importante sottolineare che l’ayahuasca dev’essere del tutto evitata durante la gravidanza, l’allattamento e nei bambini.
I benefici
Questa bevanda psichedelica non ha però solo effetti negativi sul nostro organismo infatti, al di là dell’alterazione dello stato di coscienza, l’ayahuasca è oggetto di ricerche per capire se il suo consumo controllato può avere anche effetti benefici sul sistema nervoso.
Alcuni studi di laboratorio condotti in questi anni hanno individuato delle proprietà neuroprotettive delle sostanze contenute all’interno della miscela.
Queste spesso vanno dalla regolazione della produzione di antiossidanti, all’azione antinfiammatoria passando anche al potenziamento della memoria, fino allo stimolo della crescita e della sopravvivenza cellulare.
Un altro studio ha evidenziato come questa sostanza possa anche migliorare il pensiero creativo riducendo il pensiero convenzionale. Così facendo si aumenta la flessibilità psicologica, che può aiutare anche con la dipendenza.
Esistono poi alcuni esempi positivi sulla regolazione dell’umore, nel trattamento della depressione, purché non risponda ad altre terapie, delle dipendenze e della sindrome da stress post traumatico.
Al momento però si tratta ancora di sperimentazioni che coinvolgono poche persone e i cui risultati, per questo, non possono essere considerati conclusivi.