Direttamente da Montecitorio, il ministro degli Esteri Antonio Tajani risponde a proposito del discusso protocollo Italia-Albania sui migranti durante le comunicazioni alla Camera.

Il vicepremier sottolinea che l’esecutivo “intende sottoporre in tempi rapidi alle Camere un disegno di legge di ratifica che contenga anche le norme e gli stanziamenti necessari all’attuazione del protocollo”. Un’ennesima barricata intorno all’accordo che, a detta del titolare della Farnesina, “non è paragonabile” a quello tra Regno Unito e Ruanda.

Non c’è esternalizzazione ad un Paese terzo della gestione delle domande di asilo. E non si deroga ai diritti internazionalmente garantiti, che sono anzi più volte espressamente riaffermati nel protocollo.

Migranti, Tajani sul protocollo Italia-Albania: “Tassello significativo nella strategia del governo”

L’accordo sulla gestione dei flussi è stato messo nero su bianco a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni e dal premier albanese Edi Rama lo scorso 6 novembre. Prevede la realizzazione di due strutture per la gestione dei migranti nel territorio del Paese balcanico.

Tajani ribadisce che il governo “non si è mai sottratto al dialogo e al vaglio del Parlamento” sulla questione, come auspicato dall’opposizione negli ultimi giorni. Un assunto ulteriormente confermato, spiega, dal “dibattito di oggi” e dal “voto che lo concluderà”.

Il protocollo Italia-Albania è un tassello significativo nella strategia complessiva del governo, in un contesto internazionale di crescente instabilità, che rischia di incrementare i flussi migratori e l’odioso mercato dei trafficanti. Un mercato che continua a lucrare sulla disperazione e a mietere vittime, come dimostra il nuovo naufragio verificatosi ieri al largo di Lampedusa.

Per porre fine al mercato di esseri umani, spiega il ministro, l’Italia punta ad un “diverso approccio nella gestione dei flussi migratori”. Quest’ultima, insieme alla “lotta tenace al traffico di esseri umani”, costituisce una delle “assolute priorità” del governo.

Prevenire le partenze irregolari, rafforzare le frontiere esterne, combattere gli scafisti, migliorare il sistema dei rimpatri, ampliare i canali di migrazione legale, accogliere chi ha diritto alla protezione internazionale: ecco gli ingredienti principali del nuovo approccio che stiamo cercando di affermare in Europa.

“Albania Paese amico che continueremo a sostenere”

Il protocollo di collaborazione sui migranti, continua Tajani, non è nato casualmente con l’Albania: alle spalle ci sono rapporti solidi tra Roma e Tirana. Quello albanese è un “Paese amico e candidato all’adesione all’Unione Europea, un Paese che continueremo a sostenere nelle sue aspirazioni a entrare a far parte dell’Ue”.

Tajani ha chiuso il suo intervento smentendo alcune delle presunte criticità dell’accordo. Per cominciare, l’intesa stabilisce che “nei due centri non potranno trovarsi complessivamente più di 3.000 migranti nello stesso momento”. No, dunque, al sovraffollamento delle strutture, come è spesso accaduto a Lampedusa.

I migranti “potranno arrivare nel porto albanese solo con navi delle autorità italiane, intervenute in operazioni di soccorso”. Inoltre “non si potranno trainare i barconi degli scafisti, né indirizzare verso l’Albania imbarcazioni gestite da Organizzazioni non governative”.

In Albania potranno essere condotti solo i migranti che possono essere trattenuti nelle strutture che li accolgono. Secondo le norme italiane ed europee oggi vigenti, si tratta di due categorie di migranti. La prima è quella dei richiedenti asilo soggetti a procedura accelerata di frontiera. Quindi persone non vulnerabili provenienti da Paesi sicuri o migranti che abbiano già presentato domanda di asilo, ottenendo un diniego. La seconda categoria è quella delle persone in attesa di rimpatrio, dopo l’accertamento dell’assenza dei requisiti per il soggiorno in Italia.

Nelle strutture albanesi, conclude il vicepremier, “non potranno in nessun caso essere accolti soggetti vulnerabili, quali, ad esempio, minori e donne in gravidanza“.