Il 21 novembre del 1943, la piccola comunità di Pietransieri, situata nella provincia dell’Aquila, divenne teatro di una delle più efferate stragi della Seconda Guerra Mondiale in Italia, perpetrata dall’esercito tedesco, e nota oggi come l’eccidio di Pietransieri. Infatti, in quella fredda domenica di fine autunno, militari tedeschi, posizionati lungo la Linea Gustav, perpetrarono una delle prime e più gravi stragi di civili in Italia, seguendo l’armistizio che fu interpretato dai tedeschi come un tradimento.  Nonostante l’ordine di sfollamento da parte dei tedeschi, gli abitanti di Pietransieri scelsero di non allontanarsi, rifugiandosi invece in casolari vicini. Questa decisione fu fatale, portando all’uccisione di 128 persone, tra cui molti inermi civili. Questo evento, nonostante la sua gravità, rimase relativamente oscuro nella storia a causa della scarsa documentazione disponibile e per il fatto che solo negli anni ’90 si iniziò ad indagarlo sistematicamente.

L’eccidio di Pietransieri: un massacro inaspettato

Il 21 novembre 1943 segnò un punto di svolta drammatico per la comunità di Pietransieri. Una pattuglia tedesca, impegnata in un’operazione di pulizia della zona, scoprì i rifugiati nei casolari. Nonostante fossero principalmente donne, bambini e anziani, furono brutalmente massacrati. Questa strage è stata tra le prime e più gravi commesse dai tedeschi in Italia, eppure rimane una delle meno conosciute, in parte a causa della mancata documentazione e dell’occultamento di informazioni nel cosiddetto “armadio della vergogna” a Roma.

Come già anticipato, le vittime furono i 128 abitanti, e tra questi figuravano 60 donne, 34 bambini e 34 anziani, i quali furono brutalmente uccisi. Il più anziano tra loro aveva 83 anni, mentre il più giovane era un neonato di appena tre mesi. La tragedia di Pietransieri rappresentò il primo grande massacro di civili da parte dei tedeschi in Italia dopo l’armistizio.

Il contesto storico: la Linea Gustav e l’occupazione tedesca

La Linea Gustav, una serie di fortificazioni costruite dai tedeschi, si estendeva dal Garigliano sul Tirreno a Ortona sull’Adriatico, passando per le zone montuose dell’Abruzzo. Pietransieri, situato su uno sperone roccioso a 1300 metri di quota, era considerato un punto strategico per la Wehrmacht. In quel periodo, la popolazione locale divenne testimone degli orrori della guerra: bombardamenti alleati, rastrellamenti nazisti, distruzione sistematica dei paesi e deportazioni.

Il 21 novembre 1943, la “domenica di sangue”, pattuglie tedesche, agendo su ordini di Kesselring, salirono ai Lìmmari di Pietransieri, entrando di casa in casa e uccidendo chiunque trovassero. Nonostante l’ordine di evacuazione, infatti, gli abitanti di Pietransieri scelsero di rifugiarsi in quattro casolari nelle vicinanze, noti come D’Aloisio, Macerelli, Di Virgilio e D’Amico. Questa scelta fu dettata principalmente dalla necessità di proteggere il loro bestiame, fondamentale per la sopravvivenza in una zona prevalentemente agricola.

La maggior parte degli uomini era nascosta con le bestie negli stazzi più alti, pertanto le vittime furono principalmente donne, bambini e anziani. Il gruppo più numeroso fu radunato in una radura e falciato dai mitragliatori tedeschi.

Il 12 novembre 1943, una donna anziana e paralizzata morì nell’incendio della sua casa, incapace di fuggire. Da lì in poi, la violenza aumentò, culminando nella morte di 17 persone di Pietransieri, causata da scontri a fuoco ed esecuzioni sommarie da parte delle truppe tedesche.

Una pattuglia tedesca, armata e trasportante esplosivi, fu vista avvicinarsi al casolare D’Aloisio. I giovani e le donne tentarono di fuggire con i bambini, ma molti furono catturati o uccisi. Nel corso di quella giornata, i soldati tedeschi passarono da un casolare all’altro, uccidendo chiunque trovassero. Nel casolare D’Amico, dove si erano rifugiati il maggior numero di persone, avvenne il massacro più grande. La pattuglia tedesca aprì il fuoco e fece esplodere una mina, uccidendo tutti i presenti, tranne due bambini.

Virginia Macerelli, una bambina di 7 anni, sopravvisse miracolosamente, rimanendo nascosta sotto il corpo della madre morta. Un altro bambino, Flavio De Matteis, morì poco dopo, non ricevendo aiuto in tempo. In totale, l’eccidio di Pietransieri causò 128 vittime, molte delle quali erano donne, anziani e bambini.

L’eccidio di Pietransieri: il ricordo e l’importanza della memoria storica

Nonostante l’enormità del crimine, i responsabili della strage non furono mai individuati. Uno degli aspetti più controversi della strage, infatti, è l’identità di chi ne ordinò l’esecuzione. Sebbene recenti studi abbiano escluso il coinvolgimento diretto del conte Werner von Schulenburg, rimane incerta la catena di comando che portò al massacro. Schulenburg, noto per le sue posizioni antinaziste, fu coinvolto in seguito nel fallito attentato a Hitler del luglio 1944.

Solo nel 1967, Pietransieri ricevette una medaglia d’oro dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Nel 2017, il tribunale di Sulmona condannò la Germania a un risarcimento, ma la questione del risarcimento rimane complessa, data l’estinzione quasi totale delle famiglie coinvolte. Infine, nel 2023 la Corte Costituzionale italiana ha dichiarato illegittima ogni richiesta di risarcimento verso la Germania, ritenendo che le richieste fossero prescritte e compensabili tramite il Fondo Ristori per i crimini nazisti.

Oggi, a Pietransieri, un sacrario ricorda le vittime di quella tragica giornata. Su una lapide sono incisi i nomi e le età delle vittime, un solenne monito della brutalità della guerra e della sofferenza dei civili innocenti. Ogni anno, una fiaccolata della memoria viene organizzata a Pietransieri per ricordare le vittime. I partecipanti salgono fino al bosco di Lìmmari, dove avvenne la strage, e leggono i nomi di tutte le persone uccise.