In questi giorni si parla tanto di catcalling, termine tornato alla ribalta dopo le dichiarazioni di Elena Cecchettin, sorella di Giulia, la 22enne veneta uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta. Andiamo a scoprire in quali Paesi il catcalling è considerato un reato e cosa prevede la legislazione in Italia.

Catcalling, in quali Paesi è reato?

Il termine “Catcalling”, originario dell’inglese, deriva dalla combinazione delle parole “cat” (gatto) e “calling” (chiamare), indicando l’abitudine di rivolgere commenti o apprezzamenti sgradevoli, spesso diretti a donne da estranei per strada.

Si tratta di una forma di molesta verbalizzazione comprendente commenti, fischi, gesti irrispettosi o osservazioni a sfondo sessuale che vengono diretti alla vittima, accompagnati da battute offensive o da tentativi di avvicinamento indesiderati, spesso riguardanti l’aspetto fisico.

Nonostante il catcalling sia prevalentemente rivolto alle donne, coinvolge anche individui appartenenti a minoranze etniche, persone con disabilità, omosessuali o transessuali.

Nonostante venga talvolta minimizzato come una serie di apprezzamenti “innocui”, il catcalling evidenzia un disprezzo verso le donne, che vengono ridotte a oggetti di desiderio e diventano bersaglio di commenti sessisti e volgari.

In alcuni Paesi, il catcalling è considerato reato. In Francia, ad esempio, è stato dichiarato reato nel 2018 e punibile con un’ammenda fino a 750€. Misure simili sono in vigore in Belgio, Portogallo, Perù e in diversi Stati degli USA dove esiste una regolamentazione specifica contro le molestie di strada.

Catcalling in Italia

Attualmente in Italia, il catcalling non è considerato un reato. Non esiste una legge specifica che punisca questa condotta. Tuttavia, secondo alcune interpretazioni, il catcalling potrebbe rientrare nella definizione dell’articolo 660 del codice penale che riguarda il reato di molestie o disturbo alle persone, punibile con un arresto fino a sei mesi o un’ammenda fino a 516€.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 55713 del 19 ottobre 2017, ha ritenuto configurato il reato di cui all’art. 660 c.p. nel caso di un comportamento insistente di corteggiamento indesiderato verso una donna: seguirla per strada, costringendola a modificare le proprie abitudini. Questa condotta è stata considerata petulante e motivata da biasimo, configurando quindi una forma di molestia sessuale punita come contravvenzione dall’articolo 660 del codice penale.