Il femminicidio rappresenta una vera e propria piaga all’interno della società italiana. Spesso si tende a trascurare anche un altro aspetto strettamente legato a questo. In molti casi, infatti, le donne uccise erano anche madri. Secondo stime (dell’associazione “Con i bambini”), nel 36% dei casi i figli erano presenti nel momento dell’uccisione della vittima.
L’associazione “Con i bambini” ha dato vita ad un’iniziativa volta al supporto e sostegno di questi minori e delle famiglie affidatarie. Il gergo tecnico, per i loro casi, è di “orfani speciali”, vale a dire coloro che hanno perso un genitore per mano dell’altro coniuge o compagno. Oltre a perdere la vittima, i bambini in questione smettono di avere contatti anche con l’autore del gesto. Questo, perlomeno, è quanto accade nella stragrande maggioranza dei casi: i figli, una volta compreso quanto commesso, scelgono di non avere più rapporti con il genitore che si è macchiato dell’omicidio.
Al momento il progetto in questione è a supporto di 157 orfani, ma il dato è estremamente variabile. A questi si sommano altri 260 casi in cui è stato attivato il supporto psicologico e sociale. Si tratta di stime fatte da associazioni di volontariato e non dati ufficiali provenienti da un ente statale, ragion per cui sono numeri da prendere con le pinze ma che mettono luce su un tema cruciale e spesso non considerato.
L’altra faccia del femminicidio, i bambini rimasti orfani: la maggior parte si trova al sud
A prendere la parola è Marco Rossi Doria, presidente dell’associazione già menzionata, che ribadisce come alla tragedia del femminicidio si aggiunge quella dei bambini, i quali hanno vissuto un trauma che li accompagnerà per tutto il resto della vita.
“La tragedia dei femminicidi purtroppo non finisce. Siamo tutti colpiti da questa condizione terribile. Centinaia di bambini e ragazzi vivono una situazione difficile, fortemente traumatica: la mamma viene uccisa spesso davanti ai loro occhi dal padre, che finirà i suoi giorni in prigione o si suiciderà come spesso accade. I bambini sono orfani due volte, perdono madre e padre in un solo momento anche perché chi resta in carcere difficilmente vede i propri figli.
A crescere gli orfani di femminicidio sono i parenti di prossimità: nonni, zii, che però, nei fatti, non godono ancora, purtroppo, di costanti azioni di prossimità che le politiche pubbliche si ripromettono da tempo di attuare. Vengono lasciati soli ad affrontare un dramma così grande che ha bisogno di un’attenzione specializzata, così come di supporto burocratico, economico, organizzativo, legale, ecc. E poi c’è la vita che deve ricominciare: gli studi, il lavoro e la necessità di curare la ferita profonda che è dentro di sé”.
Gli “orfani speciali”: solo il 5% vive con una famiglia adottiva
Il tema legato al femminicidio è tornato prepotentemente sulle prime pagine dei giornali a causa dell’uccisione di Giulia Cecchettin, ma di fatto non è mai uscito davvero dalle cronache nostrane. Nel 2023 i numeri sono allarmanti e stimano un’uccisione ogni 4 giorni. Questo richiede un serio intervento normativo, fermo restando che il problema è prima di tutto educativo.
Le percentuali al momento note riguardo ai cosiddetti orfani speciali tratteggiano perfettamente il quadro drammatico della situazione. Ad oggi il 42% di questi bambini vive con una famiglia affidataria, solo il 5% viene effettivamente adottato ed inizia una nuova vita. In tutti i casi è però necessario un percorso di cure e terapia per superare il trauma vissuto, dalla violenza fisica a quella psicologica o ancora sessuale.