Il processo di Norimberga, iniziato nel 1945, rappresenta un momento fondamentale nella storia giuridica e nella lotta contro l’impunità dei crimini di guerra. Fu il primo di una serie di 12 procedimenti contro i nazisti, tenutisi tutti nel Tribunale internazionale militare di Norimberga, città simbolo del nazismo. In totale, 185 persone furono imputate, tra cui medici, giuristi, membri delle SS, capi di industrie e funzionari di stato.

20 novembre 1945, ha inizio il processo di Norimberga

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, le potenze alleate (USA, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica) si trovarono di fronte alla necessità di giudicare i crimini nazisti. Questa necessità era sia un imperativo giuridico che un’esigenza morale, specialmente per gli Stati Uniti, che dovevano giustificare il sacrificio dei soldati caduti e dimostrare che il conflitto aveva avuto un significato profondo.

Il processo di Norimberga non mirava solo a condannare i leader della Germania nazista, ma anche a documentare per la storia le atrocità compiute dal regime di Hitler.

I ventuno imputati principali, tra cui figure di spicco come Hermann Goering, Rudolf Hess e Joachim von Ribbentrop, furono accusati di crimini di guerra, crimini contro la pace e crimini contro l’umanità. Le loro posizioni vennero vagliate individualmente per stabilire il grado di responsabilità personale nei crimini commessi.

Il processo sollevò numerose questioni etiche e giuridiche, come la legittimità di giudicare ex leader statali secondo leggi internazionali e la mancanza di un appello. Il processo vide infatti la presenza di testimoni diretti e sollevò dibattiti giuridici significativi. L’obiezione principale fu sollevata dall’avvocato di Goering, Otto Stahmer, basata sul principio del diritto romano, ma i giudici respinsero l’argomentazione, considerando i crimini come violazioni di leggi internazionali già esistenti. Lo stesso processo fu criticato per la presunta parzialità, dato che gli Alleati stessi erano stati accusati di crimini di guerra. Nonostante queste polemiche, il processo di Norimberga rappresentò un momento decisivo nella storia della giustizia internazionale.

Ciò nonostante, i giudici considerarono i crimini come violazioni di leggi internazionali già esistenti.

Il processo si protrasse per un anno, con ventiquattro tra i più importanti capi nazisti chiamati a rispondere di gravi accuse. Nonostante alcuni si dichiarassero “non colpevoli”, le prove presentate contro di loro furono schiaccianti.

La risonanza del processo di Norimberga

La Carta del Tribunale Militare Internazionale, redatta a Londra nell’agosto del 1945 e firmata a Berlino nel mese di ottobre dello stesso anno, fornì le basi giuridiche per i processi. Vennero introdotti nuovi capi di accusa, inclusi i “crimini contro l’umanità” e la “cospirazione contro la pace”.

Il processo di Norimberga non solo ha rappresentato un passo fondamentale nel diritto internazionale, ma anche un momento decisivo nella lotta contro l’impunità. Attraverso questo processo, il mondo prese coscienza dei crimini nazisti, e venne stabilito un importante precedente per i futuri tribunali internazionali. Ancora oggi, per definire un “processo” contro individui macchiatisi di colpe tremende, si parla di fare una nuova Norimberga.

Il processo di Norimberga ebbe infatti un’enorme risonanza mediatica, con la presenza di giornalisti e corrispondenti da tutto il mondo. Le udienze e le testimonianze furono seguite da milioni di persone, evidenziando l’importanza di rendere giustizia pubblicamente. Esso ha posto le basi per il Tribunale Internazionale de L’Aia e ha ispirato opere cinematografiche come “Vincitori e vinti” di Stanley Kramer.

Il processo di Norimberga non riuscì a processare tutti i responsabili dell’Olocausto e della guerra. Figure chiave come Hitler, Goebbels e Himmler scelsero il suicidio come via di fuga, mentre altri, come Adolf Eichmann e Josef Mengele, fuggirono in America Latina. Martin Bormann rimase introvabile, e anche Hermann Goering si tolse la vita poco prima della sua esecuzione programmata.

La coscienza critica di Peter Weiss

Nel 1965, Peter Weiss, scrittore e drammaturgo tedesco testimone delle fasi principali del processo di Norimberga, decise di narrare gli eventi con un approccio critico e introspettivo. La sua opera “L’Istruttoria” esplora i momenti chiave delle udienze, enfatizzando la realtà dei fatti senza lasciare spazio alla fantasia. Weiss si propone di offrire una visione autentica, basata su prove concrete e testimonianze dirette.

Weiss adotta uno stile poetico, impiegando versi brevi e privi di interpunzione, per creare un’atmosfera di tensione e angoscia. Questo approccio induce il lettore a immergersi profondamente nella realtà allucinante e drammatica di Auschwitz, evocando sensazioni di soffocamento e tormento.

Hannah Arendt e il concetto di banalità del male

Contemporaneamente, nel 1960, Hannah Arendt segue il processo di Adolf Eichmann a Gerusalemme, dando vita a un’opera che rivoluziona la comprensione del nazismo. Il suo libro “Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil” introduce il concetto di “banalità del male“, diventando un testo fondamentale per comprendere la natura del regime nazista.

Perché Norimberga fu scelta come sede del processo

Norimberga fu scelta per motivi pratici e simbolici: era una delle poche città tedesche non completamente distrutte dai bombardamenti e aveva un ruolo storico nella propaganda nazista.

Il processo di Norimberga segnò l’inizio di una nuova pagina nella storia, affrontando le ferite lasciate dal nazismo. Rappresentò un cambio di paradigma nella giustizia internazionale e nel trattamento dei crimini di guerra, influenzando significativamente il futuro della legislazione internazionale e della responsabilità globale.