Filippo Turetta si è suicidato? Ora che è stato ritrovato il corpo della giovane Giulia Cecchettin, non si arrestano le ricerche nei confronti del suo ex ragazzo. Nel video dell’aggressione ripreso dalle telecamera di sorveglianza, lui la colpisce brutalmente e poi la porta in macchina con sé.
E’ scattato immediatamente un mandato di cattura da parte degli inquirenti e ora ci si chiede dove possa essere finito il ragazzo e, soprattutto, cosa avrebbe potuto spingerlo a compiere un eventuale omicidio.
Filippo Turetta si è suicidato?
A disegnare un profilo psicologico, quanto più vicino a quello del 22enne, interviene Virginia Ciaravolo, criminologa esperta in violenza di genere, rilasciando un’intervista per Tag24.
D: Quante possibilità ci sono che Filippo si sia suicidato?
R: Le stesse identiche notizie che ci arrivano oggi sono di un’auto che va in giro, dunque fino a pochissime ore fa, quest’auto non guidava da sola.
In genere il suicidio avviene immediatamente dopo il femminicidio. Con una distanza così alta, la sensazione è che Filippo tenda più a salvare la pelle. Non significa che non lo farà mai, ma di norma la metodica in cui avviene é: femminicidio e, immediatamente dopo, il suicidio.
Bisogna anche vedere cosa farà quando scoprirà che il corpo è stato ritrovato. Potrebbe vederlo come un esito senza via d’uscita, ma potrebbe comunque continuare a scappare.
Di solito, nei casi osservati, avviene il femminicidio, poi l’uccisione della prole e poi il femminicida agisce su se stesso.
D: In molti femminicidi vediamo che l’individuo uccide perché non accetta di essere lasciato. Cosa lo spinge a fare un gesto del genere? Il risultato non sarebbe comunque restare solo, senza la persona accanto?
R: Il fatto è che lei non starà più con lui, ma non starà con nessuno mai, quindi parliamo di possesso. “Mia o di nessun altro”. Dai racconti che sono emersi, questo ragazzo aveva una modalità di pensiero molto arcaica nel controllare i telefoni, nella non accettazione. Come se Filippo si vedesse intero stando nella coppia. Da solo si vedeva framezzato.
L’omicidio di Giulia Cecchettin, il movente? Non voleva essere solo un amico
D: Lui aveva paura di essere abbandonato da lei? Quale potrebbe essere il movente?
R: C’era paura dell’abbandono, ma lui l’aveva esperita. Il problema è che Giulia lo lascia due volte. Nel secondo ritorno Giulia capisce che lui non è la persona adatta, però lui la ricatta affettivamente. Vero che lei non era presente, ma lo era in un altro modo. Lei aveva lasciato da parte l’amore, aveva messo fuori il bene. Ma lui tendeva a mistificare il sentimento. Può darsi che lui sia esploso per tutto questo tempo in cui è stato costretto a covare e a trattenersi, perché non stavano più insieme ed è scoppiato in una rabbia cieca. Covava dentro una montagna di ira al pensiero di averla solo come amica, perché così lei lo trattava, come un amico.
Però a proposito di questo, lui mi sembra abbastanza lucido perché la macchina gira, quindi evidentemente c’è un ruminare di pensieri.
La morte di Giulia Cecchettin, omicidio premeditato di Filippo Turetta?
D: In base alle statistiche che conosce, si potrebbe trattare di un caso premeditato?
R: Tutti i femminicidi sono premeditati. Così come molto probabilmente Filippo aveva premeditato tutto questo. Ad esempio, aveva il pieno alla macchina, quindi poteva percorrere tantissimi chilometri. Non sappiamo perché scatti il litigio tra di loro, ma il 99% dei femminicidi sono premeditati.
L’1% sono casi di follia da parte del maltrattante. Qui si tratta di problematiche legate a gelosia, possessività, un pensiero distorto arcaico, primitivo, piuttosto che a una patologia vera e propria. Lo vedo lucido, cosciente. E’ riuscito a sfuggire, ripreso dalle telecamere, arrivando sino in Austria. Non sembra confuso e pentito. Non si è mai sentito con i genitori, ad esempio. Aspettiamo di vedere come reagisce alla notizia del ritrovamento.
Qual è l’ identikit di un femminicida?
D: Per un ragazzo descritto come timido o chiuso, come facciamo ad immaginare che ci sia un esito tanto violento? Le apparenze a volte ci ingannano. Quando bisogna intervenire chiedendo aiuto?
R: Ci sono dei segnali, Giulia li ha ricevuti. Fare un identikit del maltrattante è solo possibile a livello di pensiero, ma non fisico. Può essere alto, basso, bello, brutto, laureato, avere la quinta elementare.
Non sono le caratteristiche a fare un femminicida, ma il suo pensiero distorto. Un manipolatore, femminicida, violento, ha un’idea di possesso incarnata, primitivo. Per cui la donna è oggetto, è cosa, è appendice e non è altro, quindi non può permettersi di ribellarsi e nel momento in cui lo fa, deve essere punita. ” O mia, o di nessun altro”.
Nel momento in cui Giulia si è accorta di essere controllata ha detto alle amiche “ho un po’ paura di lui” e quello è il momento in cui capiamo che dobbiamo far scattare la denuncia o chiedere aiuto.
Lo facciamo quando qualcosa a pelle ci fa paura dell’altra persona. Dobbiamo parlare con tutti quelli che possono fare quadrato intorno a noi.
I segnali sono diversi.
Se ad esempio ci ritroviamo con un ex da tutte le parti dopo una separazione, si ci geo localizza, se ci fa pietà chiedendoci un’amicizia o ci costringe a vederlo dopo una relazione, se è violento e poi dolce o, al contrario, dolce e poi violento, capiamo che siamo davanti ad un narcisista e probabilmente ad una violenza che può diventare cieca e furibonda come quella che è accaduta a Giulia.
Nemesi
La giustizia italiana non è in grado di mettere in atto un occhio per occhio dente per dente. Anche se gli danno l’ergastolo dopo 10 max 15 anni uscirà.