Il conflitto Israele-Hamas continua a divampare come un incendio, con un pesante bilancio di vittime civili. Impossibile ignorare ciò che sta avvendendo a Gaza e nemmeno l’arte può rimanere impassibile. Ecco perché al MAXXI di Roma la guerra cambia prospettiva.
Da oggi, 17 novembre a domenica 19, il museo ospiterà un lungometraggio composto dai video di sei artisti israeliani per testimoniare la vita in un kibbutz del sud di Israele. Il pensiero va alle vittime civili, agli ostaggi e alla speranza della pace.
L’arte racconta la guerra: al MAXXI il ricordo del kibbutz Be’eri distrutto da Hamas in un video intitolato “Novantacinque percento paradiso, cinque percento inferno”
Non è facile la vita nel kibbutz, soprattutto se situato al confine con Gaza: decisioni, valutazioni e allerta continua segnano la quotidianità degli abitanti. Un modo di vivere lontano dalle luci, i divertimenti, la frenesia delle quandi città, come Tel Aviv o Roma.
Ma è nella fragilità di un momento felice che risiede tutta la forza di affrontare i rischi di vivere in zone di confine. “Novantacinque percento di paradiso e cinque percento di inferno” non poteva che essere il modo migliore di descrivere il concetto.
E a volte basta un singolo momento per distruggere tutto. Come ha fatto Hamas con il kibbutz Be’eri, lo scorso 7 ottobre, e la sua omonima Galleria. Lo schermo del MAXXI consentirà ai visitatori di girare virtualemente per la galleria distrutta.
Il video proiettato dura 50 minuti ed è composto da cinque filmati di sei artisti israeliani, sottotitolati e girati nel kibbutz. Le opere provengono direttamente dall’installazione ospitata dalla Galleria Be’eri e dalla mostra fotografica “Shadow of a Passing Bird” dell’artista Osnat Ben Dov.
Un ricordo anche del centro culturare che da 30 anni era il ritrovo di artisti, ora distrutto dai terroristi, e dove le curatrici, Ziva Jelin e Sofie Berzon MacKie, sono rimaste chiuse durante l’attacco, documentando tutto sui social.
Al MAXXI di Roma, la rassegna dedicata alla Galleria Be’eri e alle vittime del conflitto fra Israele e Hamas
Gli organizzatori hanno parlato di “Amenità fragile, assoluta bellezza in odor di orrore, luogo d’incontro tra rigoglio della vita e precarietà della stessa. Pace e guerra“, mentre il presidente del Museo romano, Alessandro Giuli, ha dichiarato che l’installazione è un antidoto alla guerra e che:
Ciò che conta oggi, nell’ospitare questa rassegna, è ricordare che l’arte sopravvive agli orrori, che i luoghi della cultura parlano una lingua universale di confronto, anche di conflitto e di denuncia, ma sempre di rispetto per la persona umana. Per fortuna esistono antidoti alla guerra ed è un dovere per il MAXXI, che è un luogo di cultura, di arte, di dialogo e di pace, essere un porto sicuro nel dare senso e misura alla nostra società. Laddove è il pericolo cresce anche ciò che salva: l’arte e la cultura”
Il progetto vuole far ascoltare la molteplicità delle voci di quanti hanno perso la propria casa e, che in mezzo alla devastazione, hanno comunque trovato un motivo per andare avanti. La curatrice della proiezione Maya Katzir dichiara: “Il 7 ottobre ha rappresentato anche un colpo psicologico molto pesante per tutti gli israeliani, sia in patria che all’estero. In un contesto di morte e devastazione, all’inizio l’Arte ci sembrava superflua, un’offesa, ma poi abbiamo pensato che potesse essere un modo per comunicare cose che altri mezzi non dicono, un luogo di riflessione, di dialogo, di respiro e di speranza per tutti. L’Arte è un veicolo di pace.”
Al MAXXI i cinque punti di vista sul conflitto
Dei cinque filmati montati nel lungometraggio, il primo è quello di Orit Ishay intitolato “Fumo nel deserto”. La storia ruota attorno alla neonata amicizia fra un soldato israeliano e un soldato egiziano prigioniero di guerra. Il rapporto fra i due porterà il primo a voler salvare il secondo.
Shimon Pinto realizza “Maktub”, l’estratto di un progetto più ampio che mostra mani di bambini scavare la nuda terra. L’ossessivo movimento si riferisce alla scoperta, nell’infanzia dell’artista, che lo zio del kibbutz da andare a trovare non è altro che un caduto di guerra.
Tamar Nissim, conduce ne “Il posto migliore dove crescere i bambini”, attraverso le interviste ad alcune donne che abitano i kibbutz di confine. Una storia di coraggio e determinazione sulle sfide che una madre deve affrontare per crescere i propri figli.
Il quarto video porta la firma di Nir Evron e Omer Krieger e si intitola “Nelle prove dello spettacolo delle visioni”. L’opera riprende la poesia omonima, composta dal 99enne Anadad Eldan scampato al massacro del 7 ottobre.
Ultimo video è quello di Tzion Abraham Hazan “Saluki”, nel quale quattro abitanti di Be’eri si riuniscono a cena e ricreano la battaglia di Wadi Saluki attraverso le vettovaglie e il cibo presente sulla tavola.