Sono passati 31 anni dalla strage di via D’Amelio nella quale sono morti Paolo Borsellino e altri 5 uomini della scorta. Divenne famoso il caso attorno alla celebre Agenda Rossa, un taccuino da cui il giudice Borsellino non si separava mai: al suo interno sarebbero presenti nomi e informazioni appuntate nel corso delle indagini. Poco dopo l’attentato partirono le ricerche per individuare questa agenda ma non fu mai trovata. Ora, a distanza di oltre 30 anni dall’evento, una recente testimonianza riapre il caso. L’agenda si troverebbe all’interno dell’abitazione dell’ex questore Arnaldo La Barbera, morto da tempo (nel 2002).
Borsellino: l’Agenda rossa sarebbe dall’ex questore La Barbera
Com’era lecito attendersi, la Procura di Caltanissetta ha subito dato l’assenso per iniziare una completa perquisizione del luogo. Oltre alla casa dell’ex questore, sono state passate in rassegna anche le case della moglie e di una delle figlie. L’informatore, che è rimasto anonimo, sembra essere un personaggio molto vicino alla famiglia La Barbera, che ha però precisato di non aver mai visto l’agenda in questione. Dalle perquisizioni, tuttavia, gli agenti non hanno ritrovato alcun elemento in grado di far capire dove possa essere l’agenda ora.
L’ex questore La Barbera era ritenuto il regista per il depistaggio delle indagini
Il nome dell’ex questore è noto però a chi indaga sul caso dell’attentato di via D’Amelio. Questo perché egli viene ritenuto il regista di quanto si è verificato in seguito, vale a dire un vero e proprio depistaggio delle indagini. Il tribunale di Caltanissetta definì inqualificabile il suo agire, fin dai primi momenti dopo l’attentato.
“Ha avuto un comportamento inqualificabile. Dapprima disse alla vedova che la borsa del marito era andata distrutta. Poi gliela restituì mesi dopo, negando la presenza dell’agenda rossa. All’epoca fu la figlia Lucia a discutere con La Barbera. A fronte dell’insistenza della ragazza, che usciva persino dalla stanza, sbattendo la porta il dottor La Barbera, con la sua voce roca, disse alla vedova che sua figlia necessitava di assistenza psicologica, in quanto delirava e farneticava.
Un atteggiamento che rivelava non solo un’impressionante insensibilità per il dolore dei familiari di Paolo Borsellino, ma anche un’aggressività volta a mascherare la propria evidente difficoltà a rispondere alle domande poste, con grande dignità e coraggio, da Lucia Borsellino.”