Quello di Carlotta Benusiglio “fu un gesto autolesivo”: è ciò che si legge nelle motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Appello del Tribunale di Milano ha assolto in formula piena l’ex compagno della stilista, trovata impiccata ad un albero dei giardini di piazza Napoli nel maggio del 2016.
Assolto l’ex compagno della stilista trovata impiccata a Milano: le motivazioni della sentenza
Nessuna causa esogena, nessuna mano omicida è mai intervenuta a provocare la morte di Carlotta Benusiglio che è stata, oltre ogni dubbio ragionevole, il tragico portato di un gesto autolesivo,
hanno scritto i giudici della Corte d’Appello di Milano nelle motivazioni, rese note oggi, a quaranta giorni dalla sentenza con cui avevano assolto Marco Venturi. L’uomo, ex compagno della stilista di 37 anni Carlotta Benusiglio, trovata impiccata a Milano il 31 maggio del 2016, era finito a processo con l’accusa di omicidio volontario.
Accusa che i giudici di primo grado avevano riqualificato in “morte come conseguenza di altro reato”, per aver stalkerizzato e perseguitato la vittima, condannandolo a sei anni di reclusione. Ora è arrivata l’assoluzione in formula piena. Una decisione che ha lasciato di stucco la famiglia della 37enne, che invocava e invoca giustizia.
Chi era Carlotta Benusiglio e i dubbi sulla sua morte
Il corpo di Carlotta Benusiglio era stato trovato senza vita nei giardini di piazza Napoli, a Milano, impiccato a un albero con una sciarpa. Si era subito pensato a un caso di suicidio. In effetti, nel 2017, la vicenda era stata archiviata. Secondo gli inquirenti Carlotta si era tolta la vita dopo aver trascorso la serata insieme all’ex compagno, al culmine di una lite, l’ennesima.
La famiglia aveva però chiesto alla Procura competente di tornare ad indagare e così il caso era stato riaperto. L’obiettivo era capire se dietro la sua morte potesse celarsi qualcun’altro. Forse proprio l’ex, l’ultimo ad averla vista. Un uomo che la stilista aveva denunciato per lesioni e che sembra la stalkerizzasse.
Al termine delle indagini, la pm Francesca Crupi aveva chiesto ai giudici di condannarlo a 30 anni di carcere per omicidio volontario. La tesi era che la morte della 37enne dipendesse da lui, per le violenze che per anni le aveva perpetrato, certificate da una serie di referti medici. La Corte d’Assise lo aveva ritenuto colpevole, ma di “morte come conseguenza di altro reato”.
La Procura, convinta che si trattasse di omicidio, aveva fatto ricorso in Appello, chiedendo di nuovo 30 anni. La Corte ha invece stabilito che non è possibile desumere che Carlotta
fosse persona ‘succube’ al volere altrui, né di Marco Venturi, né degli altri con cui, in concomitanza temporale, intratteneva relazioni,
e di conseguenza ha concluso che il suo fu un gesto autolesivo, non dipendente da altri.
La reazione della famiglia della vittima
Questa sentenza è un insulto non solo a Carlotta ma a tutte le donne picchiate, maltrattate e stalkerizzate.
Ingiustizia è stata fatta. E io tutto questo non posso e non voglio permetterlo,
aveva scritto sui social la sorella di Carlotta, Giorgia Benusiglio, all’indomani della sentenza, aggiungendo:
Marco quando è stato interrogato dal pm come indagato per omicidio si è avvalso della facoltà di non rispondere, non ha nemmeno inteso rendere alcuna dichiarazione nei processi […].Una sola volta ha detto la sua sulla morte di Carlotta. Ha scritto dopo tre mesi dal fatto una mail indirizzata a me (è agli atti): Carlotta NON si è suicidata. E ieri due giudici e sei popolari sono stati capaci di dire che i fatti non sussistono, si è suicidata.
È probabile che insieme alla sua famiglia continui a lottare per ottenere la giustizia che la storia della 37enne merita. Una storia che a molti ricorderà quella di Vera Schiopu, la 25enne di origine moldava trovata impiccata alla trave di un casolare di campagna tra Ramacca e Paternò, in provincia di Catania, lo scorso agosto.
Per la sua morte sono stati arrestati in due: il compagno e un suo amico, al momento principali sospettati del delitto. L’ipotesi è che il primo l’abbia uccisa e che poi, con l’aiuto del secondo, ne abbia inscenato un suicidio. La sua vicenda aveva riportato alla mente quella di Valentina Salamone, la 19enne trovata senza vita nelle stesse circostanze nel lontano 2010, sempre in Sicilia.
Anche nel suo caso si parlò di suicidio, ma era stata uccisa. Per la sua morte è finito in carcere, con una condanna all’ergastolo, Nicola Mancuso, l’uomo di dieci anni più grandi che frequentava come amante. Davanti agli inquirenti lui si è sempre professato innocente.
Ne parlavamo in questo articolo: Vera Schiopu, il caso di suicidio inscenato che riporta alla mente la storia di Valentina Salamone